Thursday, March 27, 2008

Praia do Forte

Praia do Forte

Risaliamo sul pullman. La guida spiega le cose e racconta alcune curiosità, ma in lingua portoghese e in spagnolo. Capisco poco e nulla.
Praia do Forte si presenta come un incantevole villaggio tropicale, una cittadella con boutiques, ristoranti, hotel, lussuose pousadas (pensioni), residence, strutture ricettive e di svago per una clientela benestante che circondano una zona della costa dove si trova un vecchio forte. All’interno di questa meravigliosa valva verde è racchiusa la preziosa perla: il centro sede del progetto Tamar. Si tratta di una stazione di ripopolamento dedicato allo studio della testuggine marina al fine di favorirne la riproduzione (La sigla che lo individua è ricavata appunto dai due termini: “Tartarughe” “marine”). Questo rettile è infatti a rischio di estinzione – come tanti altri animali – per i soliti, drammatici problemi legati alla presenza dell’uomo: inquinamento, progressiva degradazione e depauperamento degli ambienti marini, riduzione degli habitat naturali costieri necessari alla tartaruga per la deposizione delle uova. Esistono 6 specie di testuggini marine, di cui 4 sono autoctone, cioè presenti nei mari del Brasile.
Prima di scendere dal pullman, l’ennesima sorpresa: il ragazzo ci chiede 8 R$ per il biglietto di accesso all’acquario di Praia do Forte… ma con quello che si spende per l’escursione, come minimo il biglietto dovrebbe essere compreso! Solito trucco: far sembrare conveniente il prezzo del viaggio e poi aggiungere a parte le spese “obbligate” ma non incluse. Il villaggio che attraversiamo è incantevole: ci sono bungalow in legno, insegne e vetrine a vivaci colori, negozi di articoli sportivi, artigianato, abbigliamento per turisti, sentieri sabbiosi e viottoli delimitati da aiuole fiorite, spazi verdi, vegetazione lussureggiante e palme.




Ci avviamo per la stradina che porta al Centro Tamar, in riva al mare, proprio di fronte ad una insenatura dove affiorano rocce di un colore dorato pallido, simili a groviera, scavate e consunte dall’azione delle onde che ha potuto creare tanti “catini” naturali, utilizzati dai turisti a mo’ di vasche da bagno o piscinette.
Pare che a noi turisti non “stanziali” sia proibito l’accesso in quel tratto di costa dove - segnalano i cartelli – ci sono i siti di ripopolamento e, in un determinato periodo dell’anno, possono arrivano le femmine per depositare le uova entro buche scavate nella sabbia.




Morro ci fa visitare il piccolo acquario a cielo aperto. Le vasche sono manufatti di cemento di forma allungata o arrotondata, come enormi peanuts, appoggiati a terra; attorno ad essi si snodano dei praticabili con ponticelli e percorsi per i visitatori che hanno modo, così, di osservare gli animali dall’alto. Le vasche, tuttavia, mi sembrano un po’ anguste in rapporto alle dimensioni delle tartarughe di mare, che possono anche superare il metro.
Altri contenitori simili ospitano pesci del litorale. Una grossa cernia se ne sta seminascosta e impassibile nella sua tana subacquea; in una vasca ci sono le razze che affiorano e si agitano quasi per indurre i turisti a dar loro del cibo, un po’ come fanno gli umani per impietosire i loro simili, nelle spiagge affollate e nel centro storico. In un’altra vasca sono ammassati e buoni buoni 4 o 5 squali appartenenti ad una specie di piccole dimensioni che non supera i 4 metri di lunghezza in natura.
Terminata la visita all’acquario, siamo in libertà per almeno un’ora. I viaggiatori si disperdono: chi al bar, chi a prendere il sole, chi in un ristorante. Io finisco nell’immancabile negozio per turisti, dove il progetto Tamar è il leitmotiv riprodotto in mille varianti su ogni oggetto e articolo: magliette, cinture, capi di abbigliamento, agendine, calendari, gadget, ecc. Una panca, all’interno della boutique offre una splendida vista della laguna, attraverso una grande vetrina. Mi siedo per ammirare il panorama, ma anche per sbirciare i movimenti della ragazza che aveva turbato il mio viaggio da quando era salita a Catussaba. Il suo compagno la precede e si ferma su uno degli scogli affioranti della piccola insenatura. Lei lo raggiunge, titubante e flessuosa, appoggiando con cautela il delicato piedino sulle rocce piatte ma viscide: si muove con amorevole circospezione come una capretta sul ciglio di una scarpata. Si è tolta il copricostume nero e sfoggia un bikini dello stesso colore. Il corpo è snello e slanciato con le curve al punto giusto. Unico neo è il sedere, un attimino più abbondante di quanto ci si aspetterebbe, ma è un difetto di nessuna importanza che, anzi, la rende più “umana”, di una bellezza un po’ meno inarrivabile e stratosferica di quanto avessi temuto… avercele ragazze così “imperfette” per le mani!... Anche il suo lui, ora che ha trovato un ampio scoglio dove stendersi e si è messo in costume, mostra un corpo asciutto ma non da modello. Lei si immerge in una delle vasche naturali lambite dalle placide onde di quel angolo di paradiso.
Distolgo lo sguardo. È l’ultima volta che la vedo: la coppia aveva programmato di rimanere a Praia do Forte.
La comitiva si riforma dopo la sosta e si riparte. Sulla via del ritorno, la guida ci informa sulla prossima tappa: la spiaggia di Guarajube, dove è prevista una sosta più lunga che comprende il pranzo. Il pullman ovviamente si ferma davanti al ristorante che la guida ci ha suggerito e pare offrire una grande scelta di piatti tipici. Certamente l’organizzazione ha un accordo con il locale, che si vede portare gli avventori fin dentro il salone, ma questi non beneficiano di sconti.
Magari i cibi sono proprio buoni, ma io non ho fame. Seguo un mio percorso solitario.




Mi distacco dal gruppo dirigendomi verso la spiaggia. Subito vengo “assalito” da almeno 3 garzoni che fanno capo ad altrettante barracas in concorrenza fra loro. Ne scelgo una, ordinando delle batatas fritas, costo: 5R$. Ho una banconota da 6 R$. Mi siedo sotto il sombrero a spiluccare le mie patatine fritte.
Prima di andarmene, ricordo al ragazzo il real di resto che mi spettava, ma lui, con notevole faccia tosta, mi dice che lo trattiene “per il servizio”. Non faccio storie: posso ben concedermi di essere “munifico” con gli spiccioli; d’altronde, qui è la prassi: o arrotondi di tua spontanea iniziativa o lo fanno loro.
Rimaniamo fino alle 15:30. Nelle ore più calde non ho il coraggio di espormi, pur essendomi procurato la crema protettiva, ma quando sono circa le 15 si rannuvola.Riprendiamo la strada del ritorno. La sera, a Salvador, vado a mangiare alla Cantina “Panzone”: il menù ha le foto delle vivande e mi ricorda certi ristoranti delle coste emiliane-romagnole, frequentati dai tedeschi.

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Saturday, March 22, 2008

Verso Praia do Forte





Verso Praia do Forte

Giovedì 08/03/2007 (Quinta-feira)


È il giorno dell’escursione a Praia do Forte, e anche, incidentalmente “la festa delle donne”, che dalle nostre parti è diventata anche una festa per i fiorai, dato che si usa regalare mimose, orchidee ecc. alle proprie amiche, fidanzate, spose, ecc. Ma trovandomi qui a Salvador, per quest’anno sono esentato dal rituale omaggio.
Nella hall dell’albergo attendo l’ora della partenza. Un giornale nazionale, nel celebrare la ricorrenza, raccomanda l’uso della camizinha (il preservativo) per scongiurare l’AIDS e altre infezioni da contatto sessuale.
Arriva Mirro, un ragazzo che studia all’università e arrotonda facendo la guida turistica: è simpatico; parla portoghese e spagnolo, l’italiano molto poco. Raccoglie i pochi partecipanti alloggiati all’hotel invitandoli a prendere posto sul pullman parcheggiato in strada. Ennesima delusione: l’allegra comitiva si compone di quattro persone in tutto compreso il sottoscritto. C’è un tipo di nazionalità (argentina ?), corporatura e tratti grossolani; non bello ma socievole. Assomiglia moltissimo ad un mio amico: lo stesso naso, il corpo massiccio e la pancia. Sale anche una coppia di ragazzi di carnagione bianca, appena un po’ colorata. Probabilmente sono turisti di un altro stato del Brasile. Lei ha i capelli scuri e l’aria soddisfatta; “morbidosa”, non alta, sorride spesso e dolcemente. Per quanto buoni i miei compagni di viaggio sono troppo pochi. Per fortuna il pullman si ferma a raccogliere altre persone in un paio di alberghi della zona. Sfortunatamente, sono quasi tutti uomini. Salgono due ragazzi poi una strana “coppia” maschile: un tipo eccentrico, magro ma stagionato, apparentemente quasi sessantenne; i capelli sale e pepe raccolti dietro, a coda di cavallo; un paio di baffetti nerissimi, arricciati all’insù, tipo “Salvador Dalì”; braccialetti, un orecchino e un anello alla mano sinistra. Lo accompagna un giovane sui 35 anni, apparentemente “normale”, ma con un cappello a larga tesa che copre un’incipiente calvizie: che sia la sua checca? A parte l’eccentricità dell’abitus, nessuno dei due dà segni di dichiarata omosessualità. Si siedono nella fila di sedili davanti a me: posso osservare bene la loro nuca. Nel corso della giornata, il più anziano dei due si mostrerà molto socievole.
Il pullman prosegue verso nord, sulla lunga arteria che costeggia l’oceano. Ad un certo punto, alcuni chilometri oltre Salvador, pieghiamo verso est, in un’area costiera molto suggestiva dove si trovano villaggi turistici, residence e ville circondate da una lussureggiante flora tropicale. Entriamo in una di queste strutture, un luogo incantevole immerso nel verde che risponde al nome di Catussaba Resort Hotel, per raccogliere altri viaggiatori.



Giardino dell’hotel:




Qui sale una signora anzianotta, dall’aria distinta e “inglese”, seguita da quella che potrebbe essere sua nipote più che sua figlia: una ragazza abbastanza carina, seno generoso, forme rotondette e ampie, sui 20 anni, che ovviamente per tutto il corso del viaggio non mi degnerà neppure di uno sguardo. Siedono dietro di me.
Improvvisamente, da quel angolo di paradiso spunta una creatura celestiale. Sale un giovane con una borsa sportiva; dietro di lui la sua ragazza, una gnoccona da favola: alta, slanciata, ben tornita; la pelle leggermente scura con riflessi d’ambra, un vestitino nero di cotone, generosamente assente nei punti giusti, con scollatura a “V” e gambe scoperte fino a mezza coscia. Capelli neri, andatura da gazzella, un intrigante sorriso e uno sguardo innocentemente sensuale che mi provoca un totale sbandamento. Ho un tuffo al cuore, come lanciarsi dal trampolino, a testa in giù, in una piscina senz’acqua. Quanto mi turbano, quanto mi fanno soffrire queste incantevoli visioni! A certi fortunati tutto, ad altri niente! La coppia si isola un po’ dal gruppetto dei gitanti collocandosi qualche fila più indietro.
Incontri come questi, considerati dai più come piacevoli ed eccitanti, a me procurano amarezza, sconforto, invidia, scorno e una paralizzante sensazione di inadeguatezza che mi rovina la giornata. È un male antico e cronico, incancrenitosi con gli anni. Gli altri maschi, “quei” maschi che sono stati scelti da tali meravigliose creature, sono esseri superiori, sono divinità, godono di una condizione paradisiaca e privilegiata, vivono in un Eden da cui io sono stato escluso per sempre. Mi sento un eunuco nell’harem di un gran sultano. Con femmine così belle e inarrivabili, tutte le mie insicurezze, ben celate entro una rigida armatura, riemergono feroci, straziandomi il cuore: mi afferrano alla gola, mi fanno tremare i polsi e le ginocchia. Mi sento impedito, ridicolo, repellente, come lo schifoso insetto della Metamorfosi di Kafka. Il mio crudele destino è dunque quello di dover reggere il moccolo in eterno, come un venditore di noccioline al cinema o un portiere di un albergo a ore, costretti a lavorare dove gli altri si divertono?
Non ci potrà mai essere felicità per me perché io non possiedo, non posso avere, non mi è consentito neppure sognare una ragazza come quella. E se la felicità non è possibile – poiché impossibile è la soddisfazione del desiderio e la corrispondenza d’amore – allora anche Dio non può esistere, perché se esistesse sarebbe un Grande Sadico, un essere tremendo, spietato e crudele che, a suo capriccio, concede ad alcuni la propria benevolenza, ad altri preclude ogni possibile gioia. È per questo che spesso, nella Bibbia, si instilla la paura di Dio e il senso di colpa nel piccolo uomo, inducendolo al “timor di Dio”.
Interrompo qui le mie eretiche riflessioni che mi fanno sentire sempre diverso. Alla gente comune la visione di una bella donna procura piacere; a me scatena la depressione e una ridda di pensieri nichilisti e blasfemi.
Il viaggio prosegue, incurante della mia disperazione. La costa a nord di Salvador, dopo l’aeroporto internazionale, è ricca di palme e di una lussureggiante vegetazione tipicamente tropicale. Facciamo tappa in un posto suggestivo e romantico: una laguna circondata da bianche dune, chiamata Lagoa de Abaeté.


Scendiamo dal pullman per le classiche foto, l’acquisto di souvenir e una breve passeggiata lungo il perimetro del bacino. La bella coppia ultima arrivata se ne sta per conto suo.

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Thursday, March 20, 2008

Bijoux e pizza

Bijoux e pizza

Mercoledì

07/03/2007 (Quarta-feira)

Dopo le ultime incomprensioni con Jay, ho preso l’abitudine di frequentare la zona a sud del faro, poco oltre l’hotel dove ero alloggiato la prima settimana.
Qui la spiaggia è meno “attrezzata” per i turisti – non ci sono barracas ma “servizi” improvvisati dagli immancabili noleggiatori di sedia e sombrero – ma si ha la possibilità di godere qualche ora di luce in più rispetto alla spiaggia posta a nord del faro, poiché nella nuova posizione il sole non viene implacabilmente nascosto dal profilo della città poco dopo le 16, cosicché la giornata in riva al mare dura di più. Tuttavia, la noia rimane la stessa, anzi, si allunga.
Essendo pressoché solo, in un tratto di spiaggia poco battuto a causa di alcuni scogli che impediscono ai bagnanti di nuotare liberamente, sono esposto alle incursioni dei pur pochi “piazzisti” locali che operano in “tentata vendita”.
Da uno di questi, che applica in modo naturale una tecnica “vincente”, sono costretto a comprare una collana il cui valore – gonfiato – è di 20 R$. Il metodo consiste nell’ignorare il primo, scontato disinteresse per la merce da parte del turista, evitando di insistere, al fine di aggirare le difese dell’eventuale compratore e ottenerne la fiducia in altra maniera. “O meu amigo” capisce che sono italiano: comincia a tirar fuori amicizie, episodi, precedenti esperienze avute con altri miei connazionali. Per motivi “commerciali” mastica qualche parola della mia lingua e così, chiacchierando, riesce a mettere metaforicamente il famoso “piede sulla porta” dei piazzisti, cui corrisponde un leggero arretramento, il primo segnale di resa del cliente che inizia a cedere all’invadenza del venditore “d’assalto”, per innato senso di cortesia o per quieto vivere. A questo punto, come un’infermiera che ha ben massaggiato e ammorbidito la parte prima di infilare l’ago, il mio non più sconosciuto fratello ripropone la sua bigiotteria, magnificando l’artigianato locale e la fattura a mano. Ovviamente mi fa un buon prezzo.
Per liberarmi del gentile ma appiccicoso individuo, sono costretto a comprare una delle sue collane: vorrà dire che la regalerò a una delle mie tante conquiste…
Ho ceduto – pur essendo perfettamente consapevole della mia debolezza – a una efficace tecnica di persuasione che gli uomini politici, i pubblicitari e i venditori (di merci o di idee) conoscono molto bene. Consiste nel trovare o nell’inventarsi dei punti di contatto, delle esperienze, dei gusti, delle opinioni in comune con la persona di cui si vuole ottenere il consenso, conquistare la fiducia e la simpatia, poiché si tende ad accettare meglio le idee, i punti di vista, le inclinazioni di chi sentiamo simile a noi, di chi ci è familiare, e quindi ci predisponiamo ad accettare con minor diffidenza ciò che ci propone.
Me ne ricorderò quando sarò ridotto a vendere bigiotteria sulle spiagge nostrane, come i vu-cumprà neri.
Forse la stessa tecnica potrebbe venire incontro all’eterno problema dei maschi: come ottenere i favori di una femmina. Ormai per me è tardi: la terrò presente per una prossima reincarnazione.

Per combattere la noia, decido di aderire ad una delle escursioni consigliate dai vari operatori turistici. Ieri avevo raggiunto l’agenzia di viaggi indicata dal mio tour operator come referente locale per il mio soggiorno. Si tratta di un ufficio minuscolo, un loculo più che un locale, facente parte di un centro servizi dalle parti di Pituba. Nell’agenzia c’è a mala pena il posto per una piccola scrivania, un po’ più lunga di un banco di scuola, due seggioline per i clienti, qualche poster alle parete, con una grafica e un colore che certo non ti invogliano a viaggiare, e una scala a chiocciola che evidentemente sta a indicare la presenza di un piano superiore o almeno di un soppalco, per un minimo di privacy.
La signora e un giovane presenti in agenzia non parlano l’italiano (e probabilmente neppure l’inglese… e si tratta di un’agenzia di viaggi!…). L’unico a conoscere la mia lingua è un certo Mateus, un socio o un loro collaboratore che però è fuori. Lo raggiungono telefonicamente: mi interessa l’escursione a Praia do Forte dove si trova la riserva delle tartarughe marine che fa parte del progetto Tamar. I prezzi che mi comunica sembrano molto convenienti rispetto a quelli che avevo raccolto in giro, presso gli hotel o all’ufficio turistico del palazzo dove sono alloggiato. Oggi ritelefono a Mateus per la prenotazione, ma arrivati al dunque vengo a sapere che i prezzi applicati dalla sua agenzia erano espressi in euro anziché in reais! …Giochetti miserevoli per ingannare i turisti e procurarsi moneta pregiata, come se ad un americano che si fosse trovato a Roma ai tempi della lira deboluccia, la visita guidata della città gli venisse proposta in dollari anziché in moneta corrente italiana.
Alla fine, scelgo la proposta del mio ex albergo: spero sempre di fare amicizia con una persona interessante, possibilmente di sesso femminile.

Ceno al ristorante vicino al faro. Voglio provare una pizza “baiana”, alimento qui non tanto comune e relativamente costoso rispetto ad altre pietanze locali. Consultando in giro i menù, la pizza, se prevista, costa quanto la carne o il piatto completo di altro tipo. Insomma, con il frango (pollo) o il filet, cucinati in varie maniere e contorni di riso, verdure patate, ecc., mi nutro assai di più e spendo anche un po’ meno.

Scelgo una pizza “alla fiorentina”, con champignons – porzione individual. Quando arriva il cameriere, ha in mano una teglia dove una pizza di proporzioni normali è divisa in tre parti. Mi serve una sola di quelle porzioni e porta via il resto: rimango lì con la stessa impressione di un assetato che, dopo una lunga camminata sotto il sole, si accorga di avere la borraccia dell’acqua semivuota.
È questa la porzione individual? - chiedo ansiosamente al cameriere. Fa cenno di sì. - E a chi vanno gli altri due pezzi? – mi domando … Mistero… Dunque, se quella è la porzione per aristocratici, anoressici degustatori solitari, fanatici della nouvelle cousine – che si caratterizza per sapori esclusivi, gusti raffinati, porzioni da uccellino e prezzi da banchiere; se il formato normale corrisponde, più o meno, a due tranci della nostra pizza al taglio, allora, in proporzione, il formato più grande dovrebbe costare più dell’aragosta!
Trascorro in questi angosciosi pensieri i pochi minuti occorrenti per portare a termine il mio esperimento culinario: il sapore della pizza “baiana” è delicato, la qualità è alta…, ma la quantità è troppo scarsa! Al massimo può servire a stuzzicare l’appetito, a scopo di antipasto!
Sono lì che penso a cosa potrei prendere dopo l’”assaggio” di pizza, quando il cameriere, presentandosi con la teglia di prima, mi deposita nel piatto una seconda porzione. Ho il sospetto che, non riuscendo a capirci e vedendo la delusione dipinta sul mio volto, mi abbia portato una seconda pizza individual. Mangio anche questa – tacitando le mie giuste rivendicazioni per un prezzo finale prevedibilmente più salato – e prontamente il cameriere, sollecito e ossequioso mi porta la terza porzione. Finalmente capisco! Con grande cortesia, qui ti servono la pizza già tagliata, man mano che procedi con la consumazione, in modo da avere sempre calde le porzioni rimanenti.
…Eh, l’importanza di conoscere le lingue, nonché gli usi e i costumi locali!…

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