Tuesday, January 18, 2011

I VAMPIRI ALL'ANGOLO DELLA STRADA - I

 

I

Basta. Non se ne può più. Le librerie, le bancarelle e anche gli scaffali del reparto libri nei supermercati grondano di romanzi, volumi, racconti di vampiri.
Raccolte formato “Mammuth” della Newton-Compton, Cronache, Interviste, Diari, Crepuscoli, Eclissi, Nuove Lune, Promessi morsi, Promessi vampiri e via sanguinando è una vera emorragia. È ora di darci un taglio: finiamola con questi sciupafemmine non-morti e quindi inestinguibili, altrimenti ci porteranno via anche le poche ragazze-lettrici ancora non vampirizzate da tali pallidi libertini, ultima inflazionata versione domestica di una gloriosa stirpe di nobili succhiasangue. Piantiamogli un bel paletto acuminato in mezzo al cuore o, meglio ancora, diamo alle fiamme l’inutile, pericolosa montagna di libri degenerati, manifestazione di un’editoria consumistica e massificata; applichiamo ciò che la fantasia di Ray Bradbury aveva escogitato in Fahrenheit 451 e in un mondo finalmente liberato da queste insane letture, dedichiamoci ai classici, alla vera letteratura, a svaghi più sani e stimolanti.
Ma se proprio non si riesce a debellare il morboso vizio, se non si riesce a distogliere lo sguardo da queste copertine patinate, dove impera la notte e da cui fuoriesce un rivolo di sangue umano; se non si ha la forza di resistere alla frenesia erotico-letteraria che spinge le pudiche fanciulle a lasciarsi irretire da questi tenebrosi personaggi, almeno cerchiamo di educare i loro gusti, facciamo loro conoscere i vampiri D.O.C., i protagonisti del genere gotico, coloro da cui è nata la leggenda, i veri Dracula e principi delle tenebre.
Torniamo alle origini. Tutto ha inizio, come in un vero racconto gotico, in una notte buia e tempestosa, presso la villa Diodati, sul lago di Ginevra. 



E’ il giugno del 1816. A causa di un tempo insolitamente freddo e piovoso, due coppie sono costrette a trascorrere le vacanze al chiuso. Si tratta dei poeti George Byron e Percy Bysshe Shelley con le reciproche amanti, più un “quinto incomodo”, il ventunenne John William Polidori, medico e segretario personale di Byron. Il Lord inglese, che evidentemente si sentiva in colpa per aver invitato gli amici a raggiungerlo nella villa e a dividere con lui quella forzata inattività, lancia l’idea di scrivere ciascuno un racconto terrificante. Mary Wollstonecraft, divenuta quello stesso anno Sig.ra Shelley, concepisce in quella occasione il celeberrimo Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno, vero caposaldo della letteratura dell’orrore. Byron compone un frammento in cui due compagni di viaggio giungono in Grecia; qui, uno dei due – che si rivelerà essere un vampiro – in punto di morte lega a sé l’amico con uno strano giuramento.

Proprio su questo abbozzo, Polidori elaborò in seguito il racconto Il Vampiro, pubblicato nel 1819, che ebbe grande popolarità in Europa e aprì la strada al più noto capolavoro del genere, il Dracula di Bram Stoker, pubblicato nel 1897. 



Queste e altre notizie si possono trovare su Wikipedia alle voci “John Polidori” e “Vampiro”; e anche in altri siti:


Ora, però, vorrei proporre alcune personali ipotesi sulla vicenda, per far luce sullo strano rapporto che legava Polidori, uomo di lettere e precoce medico che coltivava strane fantasie riguardo veleni, misture letali e misteriose sostanze, all’irrequieto poeta romantico Lord Byron. Questi lo aveva portato con sé nelle sue peregrinazioni, assumendolo come segretario personale, ma la forzata convivenza a Villa Diodati mise evidentemente allo scoperto la loro incompatibilità di carattere tanto che il giovane medico si trovò licenziato dopo pochi mesi, a fine agosto 1816. Polidori nutriva nei riguardi del fascinoso ma sregolato poeta romantico, protagonista di scandali, carattere ribelle e inquieto, un rapporto di amore-odio. Byron, invece, mal sopportava la pedanteria, la fatua pretenziosità, le stravaganze mostrate dal suo accompagnatore per il quale aveva coniato il nomignolo di “Polly-Dolly”, cioè la “bambolina” Polly, volendo intendere un fatuo damerino (oggi forse lo chiameremmo “un fighetto” o, peggio, “una signorina”) oppure un irritante idealista senza nerbo?

Polly è anche il nome della protagonista femminile nella Beggar’s Opera (ovvero L’opera del mendicante, 1728) di John Gay, “ballad-opera” di feroce satira e denuncia sociale da cui B. Brecht ricavò la sua Opera da tre soldi. Polly, nella pièce di Gay, è una bella ragazza, di pessima famiglia, sinceramente innamorata del bandito Macheath – che ha sposato segretamente – malavitoso dongiovanni dedito al gioco, all’alcool e alle puttane.

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