Brucia, uomo, brucia!
Domenica - Lunedì - Martedì 25-26-27/02/2007
Mi arrischio a scendere in spiaggia verso le 11 di domenica (“domingo”), sul lungomare che si diparte dalla punta del faro verso nord-ovest. Sono abbordato da un tipo di nome Jay che conosce qualche parola di italiano e gestisce una barraca, cioè un chiosco a forma di tucul africano con i “servizi” di spiaggia, che consistono in: un mini ombrellone di fortuna, piantato liberamente sulla sabbia, una sedia in plastica e una bottiglia di birra infilata in una specie di contenitore termico per tenerla al fresco. C’è una grande confusione, quasi come sui lidi romagnoli in una domenica d’agosto. Non ho portato la crema protettiva perché non la ritenevo necessaria essendo il sole spesso coperto. Rimango circa 3 ore al riparo del sombrero. Ciò è comunque sufficiente per farmi diventare rosso come un gambero, sul davanti, sulle spalle e sulle parti del corpo fuoriuscenti dal piccolo cono d’ombra dell’”ombrellone”: il braccio e la spalla destra, parte del viso e i piedi.
Jay mi fa vedere sul telefonino le foto di una ragazza, Carla, che dovrebbe avere 28 anni e un figlioletto. Me la propone come amica. Accetto: non mi dispiacciono i bambini, soprattutto se hanno una bella mamma. La chiamerà con il cellulare per farmela conoscere. Rimango in attesa fingendo una certa indifferenza. Più tardi apprendo che Carla non sarebbe venuta poiché non aveva trovato da sistemare il bambino durante la sua assenza. L’incontro sfuma. Concordo con Jay per il giorno dopo.
Mi metto a leggere uno dei libri che mi ero portato da casa: Ma che cosa è questo amore?, il primo, simpaticissimo romanzo di Achille Campanile. La lettura, molto divertente, mi consente di isolarmi dalla musica fracassona e dai rumori della spiaggia.
Torno in albergo, solo e sconsolato come sempre. Dove sono le belle ragazze (as moças bonitas), dolci e sorridenti, che secondo una logora leggenda si offrirebbero ai turisti e agli Italiani in particolare, inseguendoli per strada, avvicinandoli sulla spiaggia, assalendoli fin nell’alloggio? In giro si vedono alcune coppie “strane”, seppur rare, con lei giovane, mulatta o creola e lui maturo o addirittura di mezza età, bianco, forse europeo; ma chissà come si sono incontrati e, soprattutto in che lingua e di che cosa parlano, come si capiscono? Probabilmente non è il loro problema: l’”amore” ha un linguaggio universale…
Il giorno dopo sono sofferente per le scottature sul corpo. Rimango in camera a leggere e accendo l’aria condizionata. Verso le 4 della tarde il sole è in procinto di scomparire dietro il profilo della città. Faccio un giro verso la barraca di Jay; lui non c’è. Un suo amico mi dice che non era venuto alla praia (apprenderò poi che era andato in ospedale per farsi medicare una gamba). Forse Carla era venuta, ma io non c’ero, e in ogni caso mancava il tramite per fare conoscenza.
La desolazione della mia anima ha toccato il fondo; è il crollo di ogni sogno e di ogni illusione. Mi metterei a piangere se servisse a qualcosa. Vorrei tornare a casa. Non sono fatto per il divertimento; sono incapace di provare piacere. Non c’è amore per me nel mondo.
La cameriera che fa le stanze suona il campanello; è una ragazza mulatta con il viso lungo, gli occhi pudichi e gentili. Non riesco a rendermi conto se è ben fatta; certamente è giovane e magra. Anche se non capisco le sue parole, di sicuro mi avrà chiesto se più tardi può ripassare per riordinare la camera. In questi giorni rimango a lungo nella mia stanza, dove sto al fresco e al riparo dal sole. L’avviso mediante il campanello si ripete per due giorni di seguito. Con il coraggio della disperazione decido di tentare il tutto per tutto, mettendo in atto una mia fantasia. Sarebbe bello che tra una camera e l’altra, o dopo il trabalho, lei venisse a farmi visita, nel mio confortevole nido. Al terzo giorno non attendo lo squillo. Metto il naso fuori dalla porta. Il carrello con i prodotti per la pulizia è in sosta poco più avanti. Mi faccio coraggio. Raggiungo con il cuore in gola la stanza dove la mia cameriera-squillo sta lavorando. Con qualche parola presa dal dizionario e un po’ in italiano, le dico:
- Sono solo in camera, ti va di farmi compagnia? - Vorresti essere mia amica? - Vuoi venire a jatar comigo esta noite (a cena con me questa sera)?
Mi guarda con occhi increduli e imbarazzati. Risponde che non può, non è consentito dalla direzione.
Ma allora mi hanno fregato! E’ tutta un’invenzione dei tour operator e delle agenzie di viaggio la storia che qui le ragazze sono più disponibili e pur di trovare sollievo alla loro indigenza, sono disposte a tutto, sessualmente parlando!
Esco; non so dove andare. Vorrei fare la stessa proposta (l’invito a cena) alle ragazze di passaggio, ma sono frenato dai miei soliti problemi: la paura, la timidezza, la malinconia irriducibile, cui si aggiungono le difficoltà della lingua.
Mi dirigo verso il faro. I marciapiedi che fiancheggiano il lungomare hanno una loro suggestiva bellezza: il fondo è costituito da massetti tondeggianti bianchi su cui risalta un semplice disegno scuro, come una figura di mosaico. Purtroppo in alcuni punti il fondo è sconnesso e non ci sono le classiche panchine, ma ci si può sedere sulla balaustra del muretto presente sul lato che guarda verso l’oceano.
Supero la spianata che sale al farol: qui si raccolgono i venditori locali, le creole corpulente, vestite con il loro bianco costume nazionale; ci sono gruppi di turisti che scattano foto, coppie e giovani a passeggio lungo il sentiero che circonda il faro. La vista sull’oceano e sulle rocce della baia è magnifica, ma io non ho nessuno con cui condividerla…Sono depresso. Quel luogo incantevole riflette la mia tristezza, la tristezza dei solitari cui “il cor…si spaura”, come capitava a Leopardi quando era in cima all’“ermo colle” dell’”Infinito”.
Sono seduto sul muretto che dà sulla spiaggia. Jay mi vede, mi invita a scendere. Pare che Carla non sia disponibile. Mi “offre” una ragazza ancora più giovane, Gabriela, che dovrebbe avere 20 anni e lavora come aiutante di una signora che prepara una farinata calda (“acarajé”?) da vendere sulla spiaggia. Mi sento un vecchio puttaniere… be’ forse lo sono…Ad ogni modo, meglio essere uno squallido puttaniere che un laido moralista come ce ne sono tanti al mio Paese... Le presentazioni sono particolarmente imbarazzanti, soprattutto per me. Jay fa un po’ da interprete. Il mio desiderio sarebbe farla salire in camera mia e poi, dopo l’amore, andare a cena insieme. Speriamo bene.
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