Friday, December 21, 2007

Donnine allegre

Martedì (06/03/07) Terça-feira

Mattina piovigginosa. In questo periodo il clima qui a Salvador è piuttosto variabile. Brevi precipitazioni si alternano a squarci di sole e radiose giornate. Rimango nel mio appartamento a leggere e ad oziare.
Verso le 11:30 sento suonare il citofono: è Gabriela che mi avvisa della sua presenza attraverso il portiere. Scendo a prenderla. Appena entrata si siede sul divano, sul lato più vicino alla porta-finestra. Ha lo sguardo un po’ malinconico; guarda fuori, verso il mare.

- Ma che bella sorpresa! – le dico – Non mi aspettavo di vederti oggi.
- È per la chuva. Oggi non c’è gente in spiaggia; la mia giornata è finita.

Anche dopo quella serata di fuoco, sono tornato il timido di sempre. Il disagio è reciproco. Il dialogo langue, non solo per i problemi di comprensione. Non mi dispiacerebbe abbracciarla e fare all’amore: è l’unico modo per superare le difficoltà, così come affrontare un esame è l’unico modo per non essere sopraffatto dalla paura dello stesso, ma il problema è che le donne generalmente non aiutano ad oltrepassare quel cruciale confine fra la paralizzante timidezza e la vittoriosa audacia, soprattutto le orgogliose “donne dei paesi tuoi”, come recita un noto proverbio che richiederebbe un aggiornamento, le quali, proprio in base al comportamento del pretendente e al suo eventuale successo in quella sfida e in quella prova, effettuano la scelta del compagno.
Il pensiero di Gabriela, in questo momento, sembra concentrato sul figlioletto. Pare che il bimbo non stia molto bene. Anche Gabriela ha qualche disturbo, mal di stomaco o acidità.
- La coca cola e anche la birra ti fanno male – le dico premuroso.

Cerco di sondare il terreno per vedere se le va di fare all’amore, ma mi fa capire che ha le mestruazioni: ecco cosa le procurava il mal di stomaco! Sarebbe disponibile per il prossimo sabato: …una scopata alla settimana, come in un collaudato ménage familiare!…
La butto sullo scherzo:

- Però le mestruazioni non impediscono i baci! – propongo sorridendo mentre avvicino maliziosamente il mio viso al suo. Ci baciamo un po’ senza troppa convinzione.
- Se mio figlio non fosse così piccolo, mi trasferirei a Rio – mi confida – La c’è il trabalho – Non oso pensare di che genere di lavoro si tratti.

C’è sempre questa tristezza di fondo nel suo sguardo che si rispecchia e rinfocola la mia.

Mi viene in mente quel vecchio film, Totò e le donne, dove l’io narrante, impersonato dal grande comico napoletano, racconta i suoi problemi di convivenza e di incompatibilità con tutte le donne e con quelle di casa in particolare, la moglie, la figlia e la domestica.



Per trovare un po’ di sollievo allo stress, si rifugia abitualmente in soffitta. Qui, in questo luogo di orgoglioso e virile isolamento, ha recuperato anche una specie di immagine votiva, di quelle normalmente dedicate ad un santo protettore, con l’effige sacra sostituita da una foto di Landru.



Dopo l’ennesimo bisticcio, la consorte lo libera temporaneamente della sua presenza, “minacciando” di tornare dalla madre. Subito Totò pensa di festeggiare l’insperato evento con una botta di vita, una serata “trasgressiva”, “per soli uomini” in un locale notturno.



Qui viene avvicinato da una entreneuse che, tra una bevuta di champagne e l’altra, gli racconta una patetica storia di sventure familiari, cosicché l’allegra serata si conclude fra le lacrime.


Uscita la ragazza, Totò, rivolgendosi alla cinepresa, commenta con una di quelle espressioni tragicomiche che lo rendono unico: - …E poi le chiamano donnine allegre!… -

Ancora una volta salta fuori la richiesta di dinheiro. Gabriela vorrebbe un prestito. Non voglio essere duro con lei, ma nemmeno far la figura del fesso:

- Non ho soldi contanti. Non ho fatto il cambio – Il che è anche vero.
Dopo un po’ usciamo per una piccola spesa al supermercato. Ritornati sull’avenida, mi chiede i soldi per l’autobus e torna a casa.
Nel prendere l’ascensore per raggiungere il mio appartamento, incrocio una ragazza di carnagione chiara, tipo europeo, carina. Io devo andare al 3° piano, lei al 6°.

- Do you speak English?
- Yes.
- Where are you from?.
- Switzerland.
- Ah!… We are neighbours. I’m from Italy. Are tou from Berna, Ginevra, Basilea?
- Zürich…Zurigo.

Dunque, è mutter sprache, madre lingua tedesca, ma essendo svizzera dovrebbe conoscere un po’ di Italiano. Non c’è tempo per approfondire. Io sono già arrivato e questo, se non altro, mi salva da possibili figuracce a causa del mio pessimo inglese. Ci salutiamo. Chissà se è in compagnia di un uomo o in vacanza con le amiche. Non so neppure se la rivedrò ancora.
Nei giorni successivi, ogni volta che mi avvicino all’ascensore, ho sempre la remota speranza di incontrarla. La incrocio in una sola occasione, qualche tempo dopo, lungo il viale: è in compagnia di una coetanea e non mostra di avermi riconosciuto… Vecchio satiro, cosa speravi? È venuta qui in cerca di avventure con qualche bel macho locale, muscoloso e quente (caldo), non certo per lenire le pene d’amore dei maturi cinquantenni…

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Sunday, December 16, 2007

Carnevale e Quaresima

Riprendo la scrittura del Diario, interrotta dopo la descrizione della serata con Gabriela.


Domenica 04/03/2007 (Domingo)

Sono indeciso se andare ancora alla barraca di Jay: ogni volta è un’erogazione di denaro “a fondo perduto”. Ieri ero rimasto “a debito” di 20 R$ (di cui, però, 3 li avevo anticipati) relativi ad una consumazione presunta di quattro bottiglie di birra. In effetti, avevo ordinato una sola bottiglia, prevedendo di bere, come solito, solo qualche sorso. Un paio di bicchieri, in spiaggia, li avevo offerti a Gabriela; poi era passato il ragazzo del chiosco e, senza chiedermi nulla, con la scusa che la birra era calda, mi ha portato una seconda bottiglia. Una terza l’avevo ordinata per Gabriela. Quindi, a me risultavano tre bottiglie in tutto, mentre invece Jay me ne conta quattro per un totale di 20 R$, saldati questa mattina, senza fare spilorcerie o sollevare questioni.
Ho il fondato sospetto che Jay faccia la cresta alle mie “frugali” consumazioni. Infatti, oggi, al termine della giornata al mare, avendo ordinato solo una batatas fritas (costo: 5 R$ verificato sulla lista), me ne chiede 7. Gli faccio notare la differenza.

- Ma non hai preso anche una Coca? – domanda. Penosa scusa.
Tra l’altro, sulla lista avevo letto che le birre costano 3 R$; quindi, per il conto del giorno prima avrei dovuto spendere: 3 x 4 = 12, anziché 20 R$ (o meglio, 23, considerando i 3 R$ dell’anticipo).
Decido che Jay non mi vedrà per un pezzo. Purtroppo, la sua barraca è un riferimento per incontrare Gabriela, ma lei è teoricamente raggiungibile anche con il telefono.



Questa mattina, mentre mi dirigevo verso la spiaggia, la piazza antistante il faro era in festa: sembrava una di quelle manifestazioni benefiche o a carattere sportivo, tipo sagra di quartiere che ci sono anche dalle nostre parti, in primavera. C’erano alcuni banchetti con gli immancabili venditori di generi alimentari, uno “stand”, molto modesto dove un’associazione raccoglieva adesioni o si faceva pubblicità e un piccolo gruppo di persone, di età non giovanissima che faceva esercizi di danza-gym sotto la guida di un istruttore. In giro, diversi bambini, con i loro genitori, giovani, curiosi e turisti. Su un autocarro scoperto, che si muoveva lentamente, due ballerine con parrucche vistosissime, una verde fosforescente e l’altra rosso carota elettrico, si agitavano ancheggiando al suono di una musica a tutto volume, diffusa dalle casse poste sul camion. Il ritmo, ripetuto e ossessivo, non era tuttavia spiacevole; dovrebbe trattarsi della musica del carnevale che qui imperversava, pochi giorni prima del mio arrivo a Salvador:

•Ta-ta – tà , • ta-ta taa; • ta-ta – tà , ta-ta taa

L’allegra manifestazione attorno al faro era probabilmente la festa di cui mi aveva parlato Jay quando si cercava di combinare l’incontro con Carla, la ragazza-madre che lui mi aveva proposto prima di Gabriela.


Quando scendo alla praia, mi piazzo sotto l’ombrellone e non mi muovo fino alle 16. Alla domenica la riva del mare si riempie di persone. Jay, per fortuna, non mi viene a disturbare con le sue proposte sempre inutilmente onerose: è impegnato con la clientela del bar. In mezzo alla confusione, riesco miracolosamente a concentrarmi nella stesura del Diario. Scrivo tutta la scena erotica di Sabato, pubblicata in due post precedenti.


Per organizzare la serata, cerco di mettermi in contatto con Gabriela, ma come al solito non la trovo. Ho la vaga speranza che lei, sapendo dove alloggio, mi venga a trovare di sua iniziativa, ma non la vedo e non la richiamo. Bisogna farsi desiderare: in fondo, è lei che ha bisogno di me, non il contrario.
Esco per cenare nel ristorante dove ero già stato con Jean e Gabriela: ormai è un riferimento sicuro. È un posto dove si mangia bene, tranquillo e non esoso.
All’uscita vorrei fare una passeggiata lungo l’Avenida, ma sono tormentato dal ragazzo con il braccio rotto che evidentemente staziona in zona (il ragazzo, intendo dire, non il braccio…). Sono costretto a rientrare per cavarmelo dai piedi. Ma perché non sono mai donne giovani e carine a molestarmi con pari insistenza?


Lunedì 05/03/2007 (Segunda feira)

Non potendo più disporre delle comodità dell’albergo, devo organizzare la mia breve esperienza da single. Anche se sono sposato da sedici anni, mi sento ancora un “bamboccione”, come direbbe Padoa-Schioppa, disabituato alla vita autonoma. Alla mattina ho il piccolo problema di rimediare la colazione. Nel frigo c’è poco e nulla: 2 o 3 bottiglie di birra, una confezione di pan carré, un po’ di frutas, sottilette di formaggio “simil” fontina, affettato di arrosto di tacchino. Questa avventura brasiliana, se non altro, mi ha consentito di sperimentare una sensazione per me insolita: la mancanza di fame. Lo scombussolamento delle abitudini, la noia esistenziale, la depressione che, per antico costume, mi inducono normalmente ad assumere cibo anche in mancanza di appetito, in questo nuovo contesto hanno inaspettatamente prodotto l’effetto contrario.
Be’, in fondo sono contento di aver evitato la confusione del carnevale: quando non ho una donna al mio fianco – il che avviene quasi sempre – l’allegria della gente che mi circonda, le effusioni, i gesti amichevoli e affettuosi, mi fanno sentire perdutamente triste.
Vado a fare colazione in un bar che ha anche una piccola vendita di frutta e altri generi alimentari. In un paio di occasioni, in questo locale incontro una famigliola composta da mamma, papà e due bambini, maschio e femmina, piuttosto vivaci.

Quando scendo in spiaggia è quasi mezzogiorno. Evito la barraca di Jay. Rimango più vicino al faro: spiaggia “libera” o quasi. Due persone affittano sedia e sombrero: 4 R$ a dia. Il tipo più anziano ha un’aria un po’ burbera, da vecchio nostromo di colore. Porta un berretto di lana, sul genere “Capitani coraggiosi”, per proteggere dal sole il cranio privo di capelli. Fatta la trattativa, il vecchio “lupo di mare” – che gentilmente si presenta e si mette a mia disposizione – mi lascia tranquillo per tutta la giornata.
Rientro. Non ho voglia di telefonare a Gabriela. Il brusco calo nell’alimentazione mi ha procurato un certo rallentamento circolatorio: sicuramente ho la pressione bassa. Mi sento “sgonfio” e deboluccio; e anche “là” tutto è ridotto ai minimi termini, come il Po quando è in magra. Avrei un rimasuglio di libido che mi rende sensibile alla bellezza delle mulatte di Salvador, tutte molto giovani, ma mi faccio lo scrupolo della differenza d’età. Abituato al modo di pensare delle donne italiane – che prolunga il suo effetto castrante anche a 10.000 Km di distanza... - mi faccio l’idea che le ragazze di qui non gradiscano un matusa come me; così anche quel poco di libido rimastomi, si va a far benedire…

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