Tuesday, August 12, 2008

Scorno

Scorno

Mercoledì 14/03/2007 (Quarta-feira)

La giornata è magnifica. Godo anche di una libera uscita, essendo Bete trattenuta da qualche impegno di lavoro; siamo d’accordo di sentirci per la serata. Ho la libertà di movimento necessaria per combinare qualcosa con Michelle. Le telefono, ma nessuno risponde. Proverò più tardi. Mi dirigo verso la spiaggia. Sono a digiuno dalla sera prima, quindi decido di fermarmi per una colazione sostanziosa in un piccolo bar sul lungomare dove si trovano anche generi da fast food. Entrando, noto ad un tavolo la coppia dei due mondi, la ragazza europea con il suo macho bahiano. Ora sono molto più sciolti rispetto alla prima volta che li avevo visti. Il sesso è la miglior forma di amicizia fra un uomo ed una donna, forse l’unica.
Ma le sorprese non sono finite. Sono seduto su una panca di legno all’interno del locale, alle prese con un doppio hamburger e un suco de abacaxi (ananas), quando vedo entrare l’allegra brigata dei modenesi insieme con le loro prime conquiste: la “mia” Michelle e la sua amica di carnagione scura. Il mio povero cuore ha un sobbalzo: quei quattro sono appena arrivati e già hanno qualche preda nel carniere, soffiandomi proprio la ragazza più carina e che pensavo di aver miracolosamente agganciato la sera prima. È la forza del gruppo, probabilmente: in compagnia ci si aiuta e si ha molto più coraggio nel tentare approcci. Sia Michelle che la sua amica fanno finta di non conoscermi. I loro sguardi, forzatamente, non incontrano i miei.
Sono un po’ depresso quando arrivo alla spiaggia. Proprio ora che cominciavo ad ambientarmi, a contare qualche modesto successo nella difficile arte del cuccadores, il mio tempo è finito e vanno avanti i giovani… Sempre così la mia vita: quando faticosamente trovo la strada per uscire da una situazione paralizzante, è sempre troppo tardi. Il tempo non è galantuomo.
Intanto la vita continua. Alla praia si rivedono le due nordiche. Sono in compagnia del ragazzo nero con cui le avevo viste la sera prima al Pelourinho. Il giovane è un tipo africano, muscoli ben delineati, capelli neri a cavatappi che sembrano appoggiati al cranio come il “moccio” o lo scopone per lavare i pavimenti.
Cerco di rilassarmi con le mie tecniche mentali, ma proprio in quel momento il ragazzo di colore, prima tranquillo, se ne esce con un discorso o un racconto a tutto volume, in un idioma che non riesco a capire, più simile al latrato di un cane che ad una lingua conosciuta, un misto di brasiliano e inglese (o tedesco?). Ad ogni modo, quel vociare mi fa perdere la concentrazione, è estremamente fastidioso e soprattutto, sembra non finire mai. Per giunta, le due ragazze mostrano di comprendere quel interminabile abbaiare e danno corda al loro cicisbeo nero con risatine e ammiccamenti.
Se Dio vuole, dopo diversi minuti, il molesto intrattenitore conclude la sua performance e ritorna la tranquillità. Il Brasile è come un territorio franco per gli amori: basta farsi avanti e si trova senza troppa fatica; e questo vale per gli uomini come per le donne. Probabilmente le due nordiche hanno rimorchiato l’africano (o lui ha rimorchiato loro) la sera di martedì, quando tutto il Pelourinho si anima.
Più tardi telefono a Bete. Dice qualcosa a proposito dello Shopping Barra. Mi sembra di capire che si trova lì a far compere e che mi sarebbe venuta a prendere verso ora di cena. Purtroppo si tratta di un equivoco che si chiarisce solo il giorno dopo. Lei mi aveva invitato a raggiungerla al centro commerciale, per vedere i negozi e passear (passeggiare); poi saremmo tornati a casa mia. Il mio cellulare non funziona qui in Brasile e la batteria è scarica: non abbiamo modo di comunicare se non con il telefono pubblico, a scheda. Verso le 20, non vedendo arrivare la mia amante, vado a cena da solo in uno dei posti che frequento di solito nei pressi del faro.
Serata da sfigati. Esco dal ristorante e faccio quattro passi sull’avenida, dirigendomi verso sud dove c’è l’insenatura con un attracco di barche e la spiaggia che ultimamente frequento. Lì nei pressi ci sono alcuni locali. Ed è un punto su cui converge diversa gente. In un bar con estivo vedo la coppia che parla inglese più alcuni giovani del posto.
Non ho voglia di fermarmi e consumare da solo; ormai mi sono abituato bene. Mi siedo nell’unica panchina esistente, quella alla fermata dell’autobus, sotto una pensilina in plexiglass. Queste mie passeggiate e soste nascondono sempre un remoto desiderio di un approccio con una ragazza, meglio ancora se fosse lei a farsi avanti…speranza sempre delusa, comunque.
Una garota con l’aria da studentessa si siede all’altro capo della panchina. Ma è troppo giovane per me. Passa qualche minuto. Mi guardo in giro. Tutti si divertono in qualche modo: chi è seduto a bere una birra in compagnia, gruppi misti di amici che ridono e scherzano, coppie. Una balorda, mal ridotta e con l’aria della vagabonda, si aggira attorno alla pensilina. L’avevo già vista giorni prima nella zona del quartiere Barra. Temo che si faccia avanti per chiedermi degli spiccioli. In effetti si avvicina, ma si siede nello spazio vuoto fra me e la studentessa. La circonda un’aura disgustosa, un odore nauseabondo di urina e sudore. Dopo qualche secondo la studentessa se ne va; io resisto ancora un po’, combattuto fra la comodità dell’unica panchina disponibile e l’odore sgradevole della mia vicina. Poi mi decido e torno all’appartamento.

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