Wednesday, May 21, 2008

Conquista

Conquista

Sabato 10/03/2007 (Sabado: manhã - tarde)

Devo spedire le cartoline (postais) ma mi occorrono i selos (francobolli). Vado all’ufficio postale (correio) dove, con poco più di 9 R$ invio 6 cartoline.
Dopo una frugale colazione fatta senza caffè (qui, nella terra del caffè è difficile trovare un bar che abbia la macchina adatta per farti gustare la famosa “tazzina” e neppure pretendo che sia un espresso all’italiana…), ritorno alla spiaggia del giorno prima. Solo ora mi accorgo che non ho più il mio telo da mare: forse l’ho dimenticato qui ieri sulla cadeira, ma figuriamoci se lo ritrovo. Infatti, lo stesso omino che mi aveva noleggiato la sedia, casca dalle nuvole riguardo il mio colorato asciugamano. Pazienza.
Nel pomeriggio ricompare la signora che mi aveva abbordato il giorno prima. Come se ci conoscessimo da anni, con grande naturalezza si mette a sedere vicino a me e “parliamo”.
- In questo periodo colloco appartamenti in affitto – mi dice – perché a Salvador vengono molti turisti, ma sono proprietaria di una fazenda di alcune decine di ettari in un paese dell’interno. Sono vedova e ho due figli. Il minore si occupa della fattoria; quello più grande è un funzionario di una multinazionale che opera nel campo degli oleodotti. O Senhor é casado? (È sposato?) -
Molto diretta e determinata la signora… Rispondo con una mezza verità (o una mezza bugia, a seconda del punto di vista):
- Mi sto separando perché il matrimonio è in crisi – e qui parte un discorso sulle cause di separazione che in Italia sono molto lunghe. Cerco di temporeggiare per non precludermi possibili sviluppi: – Inoltre ho una bambina di 10 anni e non posso affrontare una separazione tanto alla leggera. – Non voglio che si faccia illusioni matrimoniali nei miei riguardi.
A un certo punto, non sapendo cosa dire e non volendo perdere l’occasione, le faccio una proposta:
- Posso convidar você a jantar comigo esta noite? (“Posso invitarti a cenare con me questa sera?”). Accetta volentieri…forse non aspettava altro…E anzi rilancia proponendo un locale dove si mangia, si ascolta musica dal vivo e si può anche ballare.
Lei abita in un appartamento vicino al centro commerciale “Shopping Barra”, non lontano dal farol, probabilmente lo stesso posto dove voleva andare Jean con Gabriela, quando mi hanno spillato i soldi del taxi la settimana precedente.
La mia signora – che chiamerò Bete (diminutivo di Elisabete) – cerca di impressionarmi con uno sfoggio di (presunta?) ricchezza dicendomi che possiede, oltre all’appartamento in città e alla fazenda, anche una casetta molto carina in un villaggio di pescatori: probabilmente vuole che io veda in lei un buon partito per un eventuale secondo matrimonio.
- Il mio alloggio è a pochi passi da qui, lungo l’Avenida: possiamo trovarci qui giù da me per andare a quel locale – Cerco di agganciarla con quel eccesso di circospezione a cui, purtroppo, le convenzioni castranti del corteggiamento “all’italiana” mi hanno abituato. Per fortuna lei è più decisa di me e, con la scusa di vedere bene dove abito perché poi verrà a prendermi in taxi per la serata, quando rientriamo dalla spiaggia mi accompagna fino all’ingresso del condominio. Io ho una mezza idea di farla salire a bere una birra e “provarci” subito: sarei un coglione a non farlo, ne andrebbe della mia dignità di maschio. Accetta volentieri anche la proposta della bevuta.
Arriviamo alla “bussola”. Senza alcuna esitazione, mi affianca passando davanti al portiere. Questi ha in serbo una gradita sorpresa: mi restituisce il telo da bagno che avevo dimenticato il giorno precedente nel saloncino del condominio.
Saliamo. Bete ammira il panorama dalla finestra del piccolo balcone. Io stappo due bottiglie di cerveja. Ancora qualche chiacchiera. Non so come proporle quello che lei immagino si aspetti. Infine, con il cuore in tumulto, quando è in piedi, mi decido:
- Vieni in camera a fare l’amor? - Sorride.
Le prendo delicatamente il mento e mi avvicino per baciarla. Non si ritrae. Anzi. Le labbra si toccano, si premono, si schiudono. Questa volta la bocca si lascia esplorare, eccome. Groviglio di lingue. Ci abbracciamo. Io sono un po’ trattenuto dai miei catastrofici precedenti. Incredibile! Si combina di più in un paio di settimane qui in Brasile che in 40 anni in Italia. Sembra di sognare. Mi aspetto un brusco risveglio da un momento all’altro. Con la destra sfioro la linea del collo; la accarezzo sul seno e sui fianchi e gentilmente la invito ad andare di là.
- Depois, depois... (Dopo, dopo…) – mi trattiene. Ancora dolci baci e languide carezze, come rimembra con struggente nostalgia Cavaradossi nella “Tosca” – solo che il personaggio pucciniano sta per essere fucilato, io invece pregusto un dopocena di fuoco. La riaccompagno giù. Bete mi tiene per mano e non ha alcun imbarazzo a darmi un ultimo bacetto di commiato davanti al portiere che pochi giorni prima mi aveva visto con Gabriela.

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