Tuesday, May 20, 2008

Corpi al sole

Corpi al sole

Venerdì 09/03/2007 (Sexta-feira)

Alla mattina rinnovo il contratto d’affitto per un’ulteriore settimana. Al rientro dalla colazione trovo Maria, la mediatrice che avevo conosciuto durante la mia permanenza in albergo, vicino alla guardiola del portiere, dove c’è anche una bella mulatta, giovane e slanciata, probabilmente in attesa di qualcuno.
Salendo all’appartamento, Maria mi fa i complimenti per la mia bella namorada (“ragazza, fidanzata”), di cui evidentemente il portiere le aveva dato notizia, che aveva pensato fosse quella ferma all’ingresso: magari!…ma purtroppo non è lei la mia namorada!
Sottoscritto e saldato l’importo (70 R$ a dia per 7 gg), scendo in spiaggia, sul tratto di costa a sud del faro dove c’è una gradevole insenatura piuttosto frequentata. Al tipo che mi abborda appena discese le scale chiedo il prezzo di uma cadeira e um sombrero: 5 R$ (è la solita “cresta” fisiologica). Rilancio per 4 R$, il vero prezzo, applicato normalmente dai suoi colleghi, e concludo.
Qui la giornata è lunga; il sole non scompare dietro il profilo della città, ma anzi si può assistere ad uno splendido tramonto sull’oceano. Ho anche l’occasione per fare un breve bagno in quelle acque tranquille e calde, indotto più che altro da necessità fisiologiche, poiché non ci sono gabinetti nelle vicinanze.
Come ogni fine settimana, la spiaggia è abbastanza affollata; diverse coppie e personaggi si avvicendano attorno alla mia postazione.
A qualche metro sulla mia sinistra si vengono a sistemare due tedesche o comunque due nordiche walkirie, apparentemente sorelle, una magra e non proprio attraente, l’altra più formosa e ben fatta, sebbene non particolarmente tornita dalla cintola in giù. Biondissime, pelle bianco-latte: sembra il loro primo giorno di esposizione al sole. La ragazza più carina ha i capelli biondo chiari raccolti sotto un cappellino che per la verità non le dona. I bellissimi occhi vista mare sono castigati da un paio di grandi occhiali da sole con la montatura squadrata sotto cui si evidenzia, purtroppo, una mascella leggermente mascolina. Ogni tanto guardo di sottecchi la più giovane che nel frattempo ha lasciato l’ombra protettiva del sombrero per offrirsi imprudentemente ai raggi solari, e in paio di occasioni i nostri occhi si incontrano. Già comincio a fantasticare un incontro, una notte affondato fra quelle morbide rotondità, un caldo bagno nel latte, ma c’è il problema della timidezza (mia) e non posso nemmeno attaccar discorso come si fa con i vicini di ombrellone in riviera, perché qui i sombreros sono piantati su richiesta e ci sono almeno 5 o 6 metri fra me e le due nordiche. E poi l’inglese, accidenti! Non sono mai riuscito ad impadronirmene neppure per intavolare una semplice conversazione. D’altronde sarebbe abbastanza ridicolo venire in Brasile per far pratica di inglese.
Mi metto a leggere. Dopo qualche tempo le due bionde se ne vanno.
Solito via vai di “extracomunitari” o “vu-cumprà”, come li chiameremmo noi: gente del posto che si guadagna qualche soldo proponendo oggetti o “servizi” ai turisti. Purtroppo questo esercito di venditori improvvisati comprende anche bambini di 10-12 anni o poco più. A Guarajube, il posto dove ci eravamo fermati al ritorno da Praia do Forte, mi aveva fatto particolarmente pena una donna che girava per la spiaggia tenendo per mano la sua piccola di 3 o 4 anni mentre offriva qualcosa di commestibile, forse dolcetti, di forma rotonda.
Un altro venditore che “batte” le spiagge del quartiere Barra, dove mi trovo, è un nero anziano (dimostra almeno 60 anni) che arranca sulla sabbia a causa di una gamba storta dal ginocchio in giù. Cammina appoggiandosi ad una stampella, richiamando l’attenzione con un grido breve ma potente sulla sua merce, sacchetti di patatine appesi ad un espositore tenuto con la mano libera. Evidentemente qui in Brasile – deduzione scontata – l’assistenza sociale agli invalidi, ai poveri, agli anziani è molto carente e tutti cercano di arrangiarsi. Questa povertà di mezzi, che a noi benestanti, procurerebbe la depressione, è vissuta dai protagonisti con pazienza e dignità, senza drammi, alle volte con il sorriso sulle labbra. Uno di essi, un nero massiccio con la maglietta bianca, è specializzato nel ramo spiedini di calamaretti che cucina e “serve” caldi direttamente in spiaggia. Lo vedo passare diverse volte, quasi ogni giorno, ed è sempre allegro e pieno di entusiasmo. Canta a squarciagola una canzoncina ritmata, una specie di elogio al camarão, il gambero, che è proprio ciò che lui propone, il “piatto” del giorno, di tutti i giorni. Questo improvvisato ma non sprovveduto chef è sempre sorridente, non si stanca mai di ripetere il motivetto gioioso che gli serve da richiamo e alle volte si ferma davanti ad un ombrellone come per invitare i bagnanti a cantare insieme a lui. I suoi gesti, i movimenti, la canzoncina sono ripetuti con spontaneo e trascinante entusiasmo come fosse sempre la prima volta. Regge un ampio vassoio, tenuto orizzontalmente con un solo braccio, dove sono appoggiate 5 o 6 boccette con i condimenti, sale, pepe, olio, ecc. In cintura ha un ampio borsello a più scomparti da cui spuntano salviette di carta e altri accessori che gli servono per fornire un servizio completo ai clienti.
Una coppia si viene a sistemare vicino al mio sombrero. Lei sembra avere almeno 35 anni, il viso magro su cui inizia a delinearsi qualche ruga, naso prominente, un corpo più che accettabile che si rivela quando è in bikini: bel sedere, gambe affusolate, forme snelle e ben definite, seno poco rilevato. Il suo boy è un ragazzone alto, asciutto e muscoloso, apparentemente più giovane di lei, intorno ai 30 anni. Porta un berretto a visiera per ripararsi dal sole. La donna si stende sulla sabbia quasi ai piedi di lui che invece rimane seduto, un po’ indifferente. La mia prima impressione è che non si tratti di una coppia affiatata, non hanno alcun gesto di intimità o affetto. Tuttavia la ragazza gli parla, alle volte gli tocca la gamba; lui risponde senza muoversi dalla sua posizione. Conversano in inglese, per mio supremo scorno… Lei ha l’aria di essere una donna europea emancipata in cerca di avventure e lui, pur essendo di carnagione chiara, è probabilmente un macho locale, un escort-boy con una certa preparazione linguistica oltre che dotato del classico fisique du role.
L’avventuriera è molto presa dalla sua conquista: pur essendo praticamente di fronte, a circa 3 metri, non mi degna di uno sguardo. Forse mi hanno informato male: qui non sono i turisti maschi a spassarsela con le ragazze brasiliane, bensì le smaliziate femmine occidentali a trovare da far bene con i fusti del luogo…come a Rimini!
Dopo un po’ la ragazza si alza e va a fare il bagno da sola, portando le pinne che aveva nella borsa. Sfoggia una certa preparazione atletica. Nuota velocemente grazie al potente impulso dato dalle pinne. Anch’io scendo in acqua per un rapido bagno, indotto più che altro da necessità fisiologiche perché non oso abbandonare le mie poche cose sulla spiaggia.
Al mio ritorno la strana coppia si è spostata una quindicina di metri più in là. Lui si toglie la maglietta e i pantaloncini, mettendo a nudo un bel fisico magro e definito, spalle larghe e vita stretta. Scioglie i capelli neri che teneva raccolti in un codino sotto il berretto: ha veramente l’aria del gigolo. Pure lui, dopo un po’ va a fare il bagno da solo. Forse si sono conosciuti da poco e questa notte scopano.
Dormicchio un po’ poi trovo la concentrazione adatta per scrivere 5 o 6 pagine di diario senza fermarmi.
Nel momento in cui ripongo il quaderno nello zainetto, sento una voce di donna, sulla mia destra, pronunciare qualche parola al mio indirizzo. Mi volto. È una signora dall’aspetto curato, elegante per quanto lo consenta l’abbigliamento da spiaggia; di carnagione non troppo scura, color tabacco, potrebbe essere scambiata per una donna delle nostre parti, di quelle maniache per l’abbronzatura. Una visierina rosa sul genere “Barbie on the beach” le cinge la testa; i capelli neri sono raccolti a coda e fuoriescono dall’apertura posteriore del cappellino. Dice qualcosa, complimentandosi per il fatto che riesco a scrivere lì in spiaggia, nel posto meno adatto per un’attività del genere. Sembra il classico approccio del vicino di ombrellone… e probabilmente lo è... Rispondo cortesemente, ma non sono molto interessato: avrei preferito un approccio da parte di una di quelle appetitose femmine che circolano per Salvador. Ad ogni modo, la gentile signora dà segni di voler conversare, cosicché, educatamente, affianco la mia sedia alla sua. Dopo qualche chiacchiera abbastanza faticosa per il sottoscritto, data l’ignoranza dei reciproci idiomi, approfittando di un improvviso rannuvolarsi, raccolgo le mie cose e saluto cordialmente la dama, dandole la mano.
Più tardi, ripensando all’episodio, mi mordo metaforicamente le dita: tutto sommato la signora era ben tenuta ed aveva un fisico non proprio da buttar via. La mia ancestrale, istintiva paura delle donne mi fa perdere anche le occasioni più ghiotte. Non rispondere ad un approccio, una minima indecisione nell’assecondare l’iniziativa della femmina, dalle mie parti è un errore imperdonabile a cui non è possibile porre rimedio: non puoi ritornare sui tuoi passi, vieni immediatamente scartato... ogni lasciata è persa...

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