Wednesday, August 01, 2007

Pompa magna



Continuo ancora un po’ nei vani tentativi di far godere la mia partner. Il mio piacere è legato al suo: se non riesco a soddisfarla, neppure io sono soddisfatto.




Mi sollevo dalla posizione adorante in cui offrivo tutto me stesso a quella dea dell’amore un po’ distratta. Avvicino il fallo, non particolarmente partecipe della situazione e solo discretamente collaborativo, al viso di Gabriela.





La manovra, vagamente volgare, non crea imbarazzo alla mia amante. E’ distesa con la testa appoggiata al cuscino. Mi inginocchio su di lei, a gambe aperte, protendendo l’uccello che è ora a portata della sua bocca. Lo accoglie senza esitazioni fra le sue labbra color cacao; lo inumidisce con la lingua; lo afferra con una certa abilità con le dita sottili. Comincio a muovere il membro affondando e rinculando nella bocca di lei come fosse una vagina.
Oh che sublime, sfrenata lussuria può farti provare questo intimo contatto! Sono le emozioni che più rimpiango della mia breve ed incompiuta educazione erotica. Quanto vorrei che il mio cazzo fosse smisurato e saldo e inarrestabile come una trivella in cerca dell’oro nero, per aprirsi la via del piacere nel pozzo senza fondo di quella voluttuosa cavità!





Questo atto riproduce quel tipico movimento della nave definito “beccheggio”, dove la prua si solleva e si abbassa, trasmettendo alternativamente il movimento alla poppa lungo l’asse longitudinale. Ecco perché un capitano di “lungo corso” è anche, inevitabilmente, un uomo molto “navigato”.
La mia docile compagna non si stupisce di nulla e non si ritrae. Solo quando le mie spinte sono un po’ troppo profonde, mi trattiene gentilmente con la mano.




La fellatio è il tipo di rapporto che preferisco, forse perché è il contatto sessuale più simile alla masturbazione e se le labbra di lei esercitano una giusta pressione ad anello attorno all’asta, sostituiscono egregiamente le mani guidate dalla sensibilità autopercepita nel cosiddetto vizio solitario.


Devo purtroppo riconoscere che le femmine, comprese le cosiddette “professioniste del sesso” non sanno fare un pompino come Dio comanda.
Essendo prive del pene, non possono conoscerne i più intimi segreti; non sanno maneggiarlo al meglio, con le mani e con la bocca, non avendo esperienza diretta delle manovre, degli accorgimenti, della ricettività, dei punti più sensibili dell’organo che anatomicamente non possiedono.
Possono fare appello solo alla loro buona volontà, alla sensibilità e attenzione per certi movimenti o azioni che producono una reazione più o meno piacevole al proprietario del membro a cui stanno applicando le loro amorevoli cure. Le più volenterose ed esperte tenderanno ad adattare il ritmo, i movimenti avvolgenti della lingua, la “presa” delle labbra, esercitando un delizioso effetto di risucchio, in base alle positive reazioni che i medesimi atti avranno prodotto ai partner precedenti. Ci vuole dedizione, piacere nel procurare piacere, sensibilità fuori dal comune, elasticità mentale, pazienza, uno spirito affrancato da preconcetti moralistici e una certa dose di creatività, per un eccellente blow-job. Insomma, fare un buon pompino è quasi una missione. Ed io, di “missionarie” in tal senso, ne ho conosciuto troppo poche.

Però Gabriela, pur non arrivando a tali vette artistiche, se la cava bene e i miei dondolamenti a cavalcioni sul suo viso mi procurano una certa soddisfazione. Mi lascio prendere da quel piacevole giochino. Il mio sesso bianco sparisce voglioso dentro l’accogliente guaina.
Poche cose mi procurano altrettanto piacere come venire dentro la bocca di una donna. È una sensazione inebriante, di gioia animalesca e mistica al contempo. Si prova una liberatoria esperienza di possesso totale; la tua autostima tocca livelli altissimi, come quella di un sultano che dispone di un nutrito e variegato harem…anche se solo per qualche attimo. La tua partner diventa tutt’uno con il tuo organo del piacere; senti per lei un’infinita gratitudine e un’intimità senza pari.
Però in questa occasione non riesco a raggiungere quella trascendente condizione di ebbrezza. Ce la metto tutta e anche Gabriela mi aiuta con mano abile, ma non riesco a venire.
Approfitto della sufficiente erezione del membro. Invito Gabriela a girarsi e la prendo alla pecorina, deciso ad arrivare all’orgasmo, magari disposto ad estrarre il pene dalla generosa vagina prima dell’evento, eiaculando nella bocca di lei, come era la mia precedente intenzione. Molto più piacevole e nessun rischio di bebè. Spingo con una certa forza. Ha un bel culetto sodo e mobile; mi aiuta con pari energia porgendomi le terga con movimenti decisi che rispondono con moto contrario ai miei colpi.
Il ritmo si fa veloce. Mi sembra di essere un cow-boy a cavalcioni su una puledra selvaggia che si lascia domare. Afferro con entrambe le mani le natiche della mia cavallina, assecondandone il movimento. Con il pollice inumidito lambisco il buchetto dell’ano. Non ho intenzioni sconce: sperimento semplicemente delle carezze più approfondite per sondare la sensibilità della giovane donna. Alla fine, anche la penetrazione da dietro esaurisce il gusto della novità.
Rimetto Gabriela supina. Lei segue docilmente i miei desideri. Le allargo le cosce e faccio alcuni affondi vis à vis.
Porto le braccia sotto le sue gambe in modo da innalzarle il bacino, avvicinando la sommità del suo monte al fine di infiggervi più agevolmente l’asta del mio virile vessillo. Poche scosse. La mia mole rende particolarmente faticoso mantenere la posizione a lungo. Sono stanco e gocciolante. Ancora qualche bacio intimo sulla succosa fichetta, poi sono costretto ad abbandonare la lotta. Né io né lei abbiamo raggiunto l’orgasmo.





Le propongo la doccia: è anche la sua intenzione, ma non possiamo farla insieme, come avrei voluto: lo spazio non è sufficiente per entrambe.

Labels:

0 Comments:

Post a Comment

<< Home