Monday, May 07, 2007

Gabriela, cor de canela

Martedì 27/02/2007 (Terça-feira)


Gabriela è una ragazza minuta, non ha quasi seno ma è graziosa; del resto, quando sono giovani, quasi tutte le donne sono carine, soprattutto qui a Salvador. E’ di pelle scura, come la maggior parte delle persone da queste parti, ma è un color cacao o cannella, simile a quello delle nostre ragazze bianche quando sono molto abbronzate.
La moça fa da tramite fra la signora che prepara la farinata e i possibili clienti della spiaggia. Ricava qualcosa solo da quello che le viene ordinato, e non è molto.
Sulla praia, appoggiati al muretto e lungo la strada che costeggia l’oceano ci sono un’infinità di venditori che cercano di guadagnare qualche soldo per vivere. Propongono di tutto, dall’agua de coco (molto scadente, in verità: non è “succo” ma “acqua” con un vago sapore di cocco ancora acerbo) alle carte geografiche del Brasile. Rimanendo un po’ sotto il sombrero si avvicinano, non le famose donnine, ma ragazzi in genere simpatici e non petulanti che ti offrono orecchini, collane, prendisole, pareo coloratissimi, creme protettive e ogni genere di cose da mangiare, oltre a proporti tatuaggi e massaggi rilassanti. Sono cordiali e non insistenti, ma sono troppi!... Ad uno di questi che ha con sé un raccoglitore con tante figure in bianco e nero, spiego per l’ennesima volta che non amo i tatuaggi e voglio restare branco (cioè “bianco”, con la pelle priva di disegni). Sorridendo mi fa vedere che non vengono fatti buchi sull’epidermide, ma viene solo disegnata la figura con l’inchiostro. A titolo dimostrativo, prega una ragazza lì vicino, la più giovane di un gruppo di tre donne, di mostrarmi il grazioso disegno che le orna il fondo schiena, poco sopra le slip. La ragazza mi interesserebbe assai di più del disegno, ma lei non si offre ed io non ho il coraggio di propormi. Questi venditori, quando comunque rifiuti la loro proposta, sono tuttavia allegri e cortesi. Spesso ti salutano con un gesto simile all’OK, alzando il pollice come usava fare Fonzie nel famoso serial americano di 30 anni fa.
Tuttavia la gente qui non è malata di “americanismo”, come da noi. Non ci sono turisti americani in giro e i locali ignorano generalmente anche le più comuni parole di inglese. Gli americani sono chiamati gringos; non so se in senso spregiativo.
Un cameriere di una trattoria alla buona nei pressi del faro voleva sapere da me come si dice “acqua” in inglese. Quando mi ha portato la conta, con il totale scritto a penna in una forma illeggibile, aveva voluto fare sfoggio di conoscenza linguistica, dicendo qualcosa tipo “venti-oito” cioè “twenty-eight” ma che non avevo compreso, data la pessima pronuncia.
Verso le 4 del pomeriggio si mette a piovere (cosa che qui capita non di rado e all’improvviso, cessando però dopo poco). Il programma messo a punto da Jay con l’interessata, comportava che lei mi avrebbe accompagnato all’hotel, vedendo quindi dove alloggiavo, per ritornare alle 19.00, salire in camera, stare in intimità con me e poi andare a cena. Durante la permanenza in spiaggia Gabriela si era seduta occasionalmente accanto a me per qualche minuto, per fare amicizia, ma eravamo entrambi privi di argomenti di conversazione, anche per la difficoltà di farsi capire, io parlando un italiano semplificato, adatto per minorati mentali, e lei la sua lingua, con pari lentezza. Mi comportavo da perfetto signore, gentile ma distaccato; non le mettevo le mani addosso. Chi ci avesse osservati poteva pensare, se non fosse stato per la diversità di pelle, che fossimo padre e figlia…ed era questo il motivo del mio imbarazzo: quell’incolmabile differenza d’età mi faceva sentire un pedofilo.
Alle 4 la “giornata lavorativa” di Gabriela è finita. Ci incamminiamo verso l’albergo. Lungo il tragitto cerco di comunicare.
Mi sembra una brava ragazza. Ha 20 anni ed è già mamma di un bimbo di due anni che ha avuto da un uomo con cui si era sposata e poi rapidamente separata. Si mantiene con quel unico lavoro durante la stagione estiva. Vive in famiglia con la madre e le sorelle. Anche la madre è separata e “gode” di un modesto stipendio da impiegata. “A vida è dura!” commenta Gabriela. Mi sembra di capire che qui non viene imposto al marito il sostentamento della ex moglie e dei piccoli.
Ogni tanto la mia compagna mi trattiene gentilmente per il braccio quando attraversiamo la strada: è un primo, timido contatto fisico.
Mi sento un po’ osservato. Arriviamo davanti all’hotel. Lei è un po’ titubante sulla modalità del nostro appuntamento. Io vorrei che salisse in camera: non capisco perché non si possa stare assieme prima di andare a cena. Jay mi aveva assicurato che non ci sarebbero stati problemi con la portineria dell’albergo. Gabriela chiede ad un taxista di fare da interprete: questi dovrebbe masticare un po’ d’inglese, ma in effetti lo conosce assai meno di me. “Non ci sarebbero problemi se la ragazza fosse più grande.” Piccola com’è, potrebbero pensare che è una minorenne e all’entrata le chiederebbero i documenti. Lei ovviamente non ha con sé la carta d’identità.
Si forma un piccolo capannello proprio davanti all’hotel. La mia dignità sprofonda al livello più basso mai toccato in tutta la vita. Un altro taxista consiglia di andare in un motel (lui naturalmente ci avrebbe accompagnati), ma anche lì occorrerebbe la carta d’identità.
Nella confusione generale, come negli esilaranti finali delle farse o delle opere buffe rossiniane, sul genere de: “L’italiana in Algeri”, si avvicina una ragazza che cerca di impietosirmi con una triste storia di problemi familiari, di malattie, di figli da sfamare, ecc. che ovviamente mi infastidisce per l’inopportunità delle richieste. Chiede: “Parlez vous français?”. Ho la pessima idea di assecondarla, cosicché mi rispiega la storia in quella lingua. Per sbrogliarmi, ma anche dicendo la verità, rispondo: “Pas d’argent”, “Non ho moneta”. In effetti, non ho spiccioli, ma solo banconote di taglio medio alto. Finalmente mi libero dell’importuna, che aveva ripreso la sua lamentosa piéce in portoghese, promettendo di darle qualcosa l’indomani. Il tassista mi avverte che si sarebbe presentata lì il giorno dopo all’ora che le dovevo indicare. Le dico che può andar bene per le 4 o le 5. Finalmente se ne va.
Gabriela è un po’ frastornata ed anch’io. Si rimanda tutto all’indomani. Spero che porti i documenti e non ci siano altre difficoltà.
Ormai mi sono sputtanato davanti a tutto l’hotel. Tuttavia ho buone speranze che alla reception non abbiano notato nulla poiché l’entrata è posta abbastanza in alto rispetto al livello stradale.

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