Wednesday, October 10, 2007

Sesso a pagamento II


· La dignità dell’uomo.

In tema di prostituzione non si fa altro che parlare della dignità al femminile, dando per scontato che il maschio sia sempre, irrimediabilmente un porco. Ma, al pari dei maiali che, potendolo fare, sguazzerebbero sempre nell’acqua fresca e pulita anziché rotolarsi nel fango e nei loro stessi escrementi, così anche gli uomini, se fosse loro concesso di soddisfare le naturali pulsioni con le donneserie, non andrebbero a cercare quelle da strada che offrono solo il surrogato, la parvenza dell’erotismo e della trasgressione.
Non è forse umiliante, indignitoso per un maschio che non trova alcun modo di sfogare le proprie necessità sessuali con le femminenormali, spinto dagli ormoni, dall’imperativo biologico e dal desiderio d’amore, dover ricorrere alle mercenarie che gli offrono una squallida prestazione genitale, senza coinvolgimento, senza gratificazioni erotiche, priva di sentimenti, costretta entro un rigido protocollo di atti più o meno frettolosi, tutti burocraticamente programmati e prezzati? Dove neppure si stabilisce un contatto intimo, perché il profilattico viene frapposto come un’asettica barriera tra il corpo di lei e lo svilito organo di piacere maschile.
È comunque preferibile, sul piano della dignità e della soddisfazione, l’onesto lavoro dell’uomo, quando si tratti di attività come il becchino, l’addetto ai pozzi neri, il minatore, l’operaio di fabbrica, il custode dei gabinetti, il guardiano dei porci, lo spazzino, l’assistente di base, il soldato in zona operativa, ecc., alla vergognosa, riprovevole attività femminile conosciuta come il “mestiere più antico del mondo”? Chi stabilisce e con quale diritto, cosa sia più dignitoso fra questi lavori?

· Lecito e illecito

Lo stato italiano considera lecita la professione dei vari maghi, cartomanti, guaritori, imbonitori televisivi che svolgono una sostanziale attività truffaldina con il consenso della legge e anche con l’appoggio di qualche sentenza di Cassazione. E non v’è dubbio che si tratti di ciarlatani, pittoreschi truffatori e personaggi che approfittano della credulità e dell’ignoranza della gente: nessuno è in grado di conoscere il futuro e tanto meno di modificare il corso degli eventi; non ci sono amuleti, elisir o pratiche magiche che possano sostituirsi alle cure mediche, non esistono guru o santoni in grado di operare miracoli. In ogni caso, non si tratta di professioni a carattere benefico, finalizzate al bene dell’umanità o senza scopo di lucro: nessuno regala niente, in questo variegato settore, e tantomeno nelle promozioni televisive.




Ebbene, questi personaggi possono dichiararsi “professionisti dell’occulto”, aprire studi, esporre targhe, dirigere centri “esoterici”, vendere prodotti miracolosi per la crescita dei capelli, per perdere chili e cellulite, togliere il malocchio, promettere fortune in danaro e in amore, dichiarare doti taumaturgiche e anche, impunemente, millantare capacità curative. In certi casi, diventano pure dei coloriti divi della tv, come il mago Otelma, a suo tempo ospite del talk-show di Costanzo.


Spesso compaiono in veste di “esperti” nelle seguitissime rubriche di astrologia e oroscopo, sulle riviste o sul piccolo schermo; oppure, quando i loro imbrogli vengono scoperti, si atteggiano ad autentiche vittime sacrificali, come l’indimenticata Vanna Marchi.





Si tratta di individui dal comportamento molto “disinvolto” che esercitano una vera e propria truffa legalizzata ai danni di gente sofferente o bisognosa di aiuto, in genere persone sprovvedute e facilmente influenzabili, essendo il business nient’altro che una vendita di illusioni fondata sull’ignoranza e la dabbenaggine della clientela, sulla circonvenzione d’incapace, sul plagio, sulla pubblicità ingannevole, sul millantato credito. Reati che sono pur compresi nel nostro codice penale, ma che in questo nostro Paese da operetta, vengono addirittura incoraggiati (dall’”audience” televisiva, attraverso i rotocalchi e la stampa “specializzata”) anziché esemplarmente puniti. Lo Stato e la Chiesa preferiscono accanirsi sulla prostituzione che è comunque un’attività “lecita”, ammessa dalla legge, ma viene stigmatizzata, per i suoi aspetti morali ed etici, come “sordido meretricio” perché, al fondo di queste crociate in nome della salvezza e della dignità della donna, c’è il grande tabù del sesso che nel nostro Paese è sempre più o meno inconsciamente associato a qualcosa di riprovevole, sporco e peccaminoso.

L’imbroglio legalizzato dei dottor Dulcamara televisivi è ammesso e promosso, godendo di un’aurea di eccentricità e divismo, quando invece l”onesta” sgualdrina, che, tutto sommato, fornisce un servizio senza inganni e di qualità proporzionale al prezzo concordato, viene perseguitata dall’opinione pubblica, dalle forze politiche e clericali, dalle persone “per bene”.
Quanta ipocrisia regna nel nostro Paese, dove ancora agisce pesantemente l’influenza della Chiesa!
La legge italiana tollera la prostituzione, ma poi rivela la sua scarsa “laicità” e “liberalità”, dichiarando illecito l’esercizio di questo mestiere in apposite strutture (le famose “case” chiuse, i bordelli), nonché l’associazione, l’organizzazione, il coordinamento, la mediazione, la promozione, la pubblicità esplicita – attività illegali che integrano i reati di adescamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione; da cui consegue il rischio, ad esempio, per il cliente di beccarsi una denuncia per favoreggiamento se, dopo la prestazione, riaccompagna la passeggiatrice sul luogo di “lavoro”; mentre un proprietario di immobile che affitti un appartamento ad una prostituta che opera in casa, può essere accusato di lenocinio.
È risaputo che qualsiasi attività, comprese quelle “non a fini di lucro”, richiede una forma di organizzazione, sia pur minima, per essere esercitata. Anche un semplice artigiano, ad es. un idraulico o un meccanico, non può svolgere completamente da solo il proprio lavoro: ha la necessità di appoggiarsi a qualcun altro, di promuovere e far conoscere la sua ditta, di avvalersi di una segretaria per le chiamate, di collaboratori, di soci, di un negozio o un’officina attrezzata, una sede o un ufficio a cui la clientela può riferirsi, ecc. Chi “affitta” il proprio corpo, invece, dovrebbe “fare tutto da sé”, godendo, in cambio, di una perfetta immunità fiscale: può avere introiti favolosi senza pagare le tasse.
Stando così le cose, se la legge proibisce soltanto senza effettivamente riconoscere e regolamentare l’esercizio di questa redditizia professione che vanta una tradizione millenaria, consentendole di organizzarsi come una qualunque altra attività commerciale o di servizio, è inevitabile che la prostituzione, soprattutto quella esercitata in strada, sia spinta forzatamente verso l’illegalità e cada in mano a gente senza scrupoli, alle organizzazioni mafiose e al racket.
A ben vedere, sono lo Stato e la Chiesa i veri complici, i fiancheggiatori, i promotori della criminalità organizzata che sfrutta il mercato del sesso; e in tal modo viene attuata involontariamente proprio quella discriminazione e ghettizzazione che ipocritamente si dice di combattere, giacché il racket agisce principalmente sulle donne più deboli ed emarginate, le africane, sudamericane e slave che battono i marciapiedi, cioè la fascia medio bassa della prostituzione; non ha un vero controllo sulle “professioniste” che lavorano in casa, sulla prostituzione d’alto bordo, sulle accompagnatrici, sulle ragazze che “arrotondano” occasionalmente per mantenere un alto tenore di vita e comprarsi beni costosi.

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