Monday, June 02, 2008

Depois, depois…

Depois, depois

Sabato 10/03/2007 (Sabado: noite)

All’ora convenuta, anzi un po’ prima, suona il citofono. Dalla guardiola mi avvertono che la signora mi aspetta al cancello. Scendo completando di vestirmi mentre faccio le scale.
Bete mi sembra diversa dalla signora che avevo conosciuto in spiaggia. Ha i capelli sciolti, un corpettino giallo, i jeans attillati e due eleganti sandali estivi. Ha un’aria sbarazzina. Si complimenta per il mio abbigliamento che è in realtà molto semplice: camicia, pantaloni leggeri e scarpe di tela: è quasi un vestito da sera rispetto alle solite bermuda o pantaloncini da spiaggia.
Passando davanti a un crocifisso, una scultura in legno posta su un lato del piccolo salone, mi chiede se sono cattolico. Rispondo che non sono religioso, non credo in Dio e non mi interesso delle cose di chiesa. Lei invece, pur non essendo molto rigorosa, si dichiara cattolica evangelista. Mi viene in mente che Salvador è anche definita la città delle mille igrejas. Nessuno dei due ha voglia di fare discorsi impegnativi. Entriamo nel taxi, ma proprio in quel momento, mentre sto per chiudere la portiera alla mia sinistra, sono trattenuto dal mio questuante “più assiduo”, il ragazzo con il braccio sciancato. Vuole un’offerta, naturalmente. Me ne libero in qualche modo e andiamo. Bete mi tiene la mano, come i fidanzatini di Peynet; io la cingo con il braccio libero. Finalmente, dopo una corsa interminabile per i viali della città (quasi 25 R$ che poi apprendo essere di più perché andava pagata anche la prima parte del tragitto, dalla casa della signora fino al mio alloggio) ci fermiamo davanti ad un locale dall’aria chic: il “Bambara”. Solo diversi mesi dopo vengo a sapere che questo strano nome ha radici africane. Si riferisce al popolo che ancora oggi vive nelle vaste pianure tra Guinea, Mali e Costa d’Avorio ed evoca la perigliosa via percorsa dall’esploratore francese René-Auguste Caillié nel 1827 per raggiungere la mitica Timbuctù.
Il locale comprende un estivo con una distesa di tavolini quasi tutti vuoti: i camerieri, in livrea bianca, sembrano più numerosi dei clienti. C’è una certa eleganza in giro a cui io non sono abituato. Ed ho anche qualche timore per il mio portafogli poiché ho notato che la mia dama applica evidentemente una convenzione del posto di antica origine cavalleresca-europea, secondo la quale è sempre l’uomo, a qualunque estrazione sociale appartenga, a pagare le spese, per sé e la propria donna; a lui compete mantenerla, letteralmente, anche se questa è benestante. Per fortuna Bete non mangia mai e anch’io, stranamente, da quando sono a Salvador, non ho mai appetito. Non ceniamo: io prendo delle batatas fritas e lei la famosa caipirinha, un drink a base di cachaça, lime, zucchero di canna e ghiaccio. Se si usa come base la vodka, il cocktail viene chiamato più propriamente caipiroska e caipirissima se si usa il rhum. Parliamo tenendoci sempre la mano come due innamorati.
Il marito di Bete, di vent’anni più vecchio di lei, soffriva di problemi al cuore (coração); per questo aveva subito un intervento alle coronarie e alla sua morte aveva lasciato la famosa fazenda alla famiglia. Da quattro anni la signora vive in città.
– Bete – le chiedo – da quando sei a Bahia non hai mai avuto un uomo? -.
– Solo un alemão (un tedesco), anche lui un po’ velho, 65 anni, con un lavoro importante e che stavo quasi per sposare, se mia madre, con i suoi consigli, non mi avesse fatto cambiare idea -.
Pare che questo alemão fosse un tipo strano, un depresso, con problemi psicologici che lui faceva derivare dallo stress da lavoro, ma che probabilmente erano dovuti alle sue vicende sentimentali (si era già separato un paio di volte). Io sono un po’ incredulo. Possibile che con tanti bei giovani in giro lei non abbia avuto altre occasioni?
– I giovani non mi interessano: non hanno niente nella cabeça – .
Preferisce le persone mature e infatti suo marito aveva molti più anni di lei e anche il tedesco era piuttosto stagionato quando l’aveva conosciuto. Bete ha la mia età, 54 anni, anzi ha circa due mesi più di me, ma pur portando molto bene i suoi anni, con una pelle liscia e un corpo sodo che farebbe invidia alle trentenni, io non ho la sua stessa inclinazione e sono più portato verso le donne giovani: sono loro, purtroppo a non avere interesse per l’uomo maturo, almeno per ciò che mi riguarda, alla faccia dei soliti luoghi comuni.
Ci lanciamo nella danza. Io improvviso una specie di merengue shakerato con ricordi di rock. Appena mi agito comincio a sudare. Ritorniamo al tavolo. Io sono impaziente di proseguire la serata nel mio appartamento, dopo la promessa di una notte di fuoco implicita in quel: “Depois, depois…” con cui la signora mi aveva temporaneamente distolto dalle focose intenzioni quando eravamo a casa mia.
Bete mi considera già ufficialmente il suo uomo, forse un futuro marito e faccio già parte dei suoi progetti. Avrebbe intenzione di vendere la fattoria e, con il ricavato, acquistare tre appartamenti a Salvador e vivere di rendita con gli affitti, senza la preoccupazione di mandare avanti un’azienda agricola. Io non dispongo di proprietà che mi consentano di vivere senza lavorare e il mio datore di lavoro non mi “lascerà” andare in pensione prima dei 65-67 anni.
– Per quello non ti devi preoccupare – mi dice – potresti occuparti della mia fazenda oppure, se la vendo, possiamo stabilirci in uno degli appartamenti che acquisterei –. Ha intenzioni serie: vorrebbe presentarmi a sua madre, ai suoi figli…
Aggiunge che aveva resistito al mio tentativo di far l’amore subito perché non voleva che pensassi male di lei. – Oh, non importa!...– rispondo mentalmente –…l’importante è che lo facciamo stanotte. –
Finalmente, con un altro taxi, si torna a casa: passeremo la notte insieme.

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