Monday, August 04, 2008

Pelourinho as noite

Pelourinho as noite


Martedì - Sera 13/03/2007 (Terça-feira - Noite)


Quasi in contemporanea con le battute finali del mio dialogo con Michelle, smette di piovere. Ripercorro i 200 m. circa che mi separano da casa. Davanti alla guardiola del portiere c’è Bete ad attendermi. Penso con sollievo allo scampato pericolo di un incidente diplomatico con la mia mulher, in cui sarei incorso se le due ragazze avessero accettato di salire nel mio alloggio. Pensavo che Bete avesse desistito dal suo programma di trascorrere la serata al Pelourinho, a causa della pioggia, ma qui le precipitazioni si esauriscono in fretta e la voglia di divertirsi non ne è toccata.
Per raggiungere il centro storico di Salvador, da cui ero dovuto letteralmente scappare la volta precedente perché troppo infestato di venditori e questuanti, prendiamo il taxi, ovviamente a mie spese. Non faccio nemmeno in tempo a scendere dall’auto che un ragazzino di quelli che pattugliano la Praça da Sé, si precipita ad aprirmi la portiera per giustificare la richiesta di un obolo. Prevedendo uno stillicidio di mance e offerte mi ero portato un borsellino pieno di spiccioli da cui attingo per la bisogna.
Passeggiamo a braccetto, io e la mia dama morena, senza una meta precisa. In giro c’è un particolare fermento, un’atmosfera che mi ricorda le sere di fine estate, a Ferrara, quando il centro si ravviva in occasione del Busker Festival. Capannelli di persone si raccolgono attorno a gruppi di artisti improvvisati per assistere alla loro esibizione.


Ci uniamo ad una piccola folla di turisti attratta da una performance di capoeira, danza acrobatica di evidente ascendenza africana nata come arte marziale. I danzatori accennano solo qualche gesto, adatto a spettatori di bocca buona, e chissà se si tratta veramente di capoeira o di un misto con la brake-dance dei neri d’America. Naturalmente un ragazzo del gruppo è preposto alla raccolta del money.
Fra la gente che assiste all’esibizione – invero assai modesta – noto anche le due nordiche che avevo a qualche metro da me, in spiaggia, lo scorso venerdì. Sembra che abbiano già fatto conoscenza con un giovane nero, capigliatura a cavatappi, tipo Bob Marley che le accompagna. La walkiria più carina, con i capelli sciolti, un accenno di trucco, priva degli orribili occhiali da spiaggia e con la pelle leggermente abbronzata, si rivela particolarmente graziosa.
Proseguiamo. Bete mi porta in un bar con musica dal vivo, molto frequentato dai turisti durante il Carnevale, ma anche in questo periodo un notevole punto di richiamo per gente che vuole stare in allegria. Ci sono coppie, belle mulatte e gruppi misti di giovani e meno giovani, generalmente maschi di pelle bianca insieme con ragazze locali. Ci sediamo ad un tavolino. Bete ordina una caipiroska, io il solito piatto di batatas fritas. Se non fossi accompagnato, nella generale allegria forse potrei combinare qualcosa anch’io con una femmina di colore; ma sono tutte giovanissime, accidenti: donne sui 30 anni non se ne vedono, oppure sono io che non le noto perché sformate e corpulente oppure se ne stanno a casa a badare ai figli.
Sul piccolo palco un solitario cantante-musicista riesce a produrre, da solo, la sonorità di una piccola band: canta canzoni di successo accompagnandosi con la chitarra; le basi elettroniche sostituiscono efficacemente gli altri strumenti acustici.
Per fortuna non si fa il karaoke. Tuttavia, una bella ragazza mora, dall’aria birichina si avvicina al palco per chiedere qualcosa al musicista. Quando il pezzo richiesto viene eseguito dal juke-box in carne ed ossa, lei e alcune amiche del gruppo si mettono a ballare sul posto. Dopo un po’ vediamo arrivare il ragazzo che aveva messo in subbuglio tutta la spiaggia quello stesso giorno, al mattino. È seguito da un piccolo gruppo di turisti con cui si è evidentemente intruppato e che lo utilizzano come “guida”. Ci riconosce; lo salutiamo, ma per fortuna, non si avvicina al nostro tavolo.
Facciamo ancora qualche giro; splendide ragazze di colore spuntano come orchidee nere fra vicoli e piazzette, in quell’insolita foresta tropicale dai colori chiari e pastello. Ci siamo proprio tutti qui, al Pelourinho by night: incrocio persino il ragazzo con il braccio sciancato. Mi riconosce, ma grazie a Dio non si avvicina per la solita richiesta di denaro. La presenza di Bete ha ridotto ad un livello accettabile l’assillo dei questuanti di vario genere che avevano molestato la mia precedente visita del centro storico.
Riprendiamo il taxi. Bete non può rimanere con me per la notte e si fa accompagnare a casa; poi dà precise indicazioni al taxista affinché mi conduca, senza rischi, fino alla guardiola del mio alloggio. Quando arriviamo nella piazza antistante il faro, a poche centinaia di metri dal mio domicilio, faccio fermare il taxi: voglio fare quel piccolo pezzo a piedi per sgranchire un po’ le gambe. L’autista rimane sbalordito: probabilmente Bete aveva indicato l’albergo in cui ero alloggiato due settimane prima, come riferimento per il mio appartamento. La mia richiesta di scendere lui l’aveva interpretata come una deviazione dal programma di un casto rientro notturno, il desiderio di una qualche avventura con una donna diversa da quella che avevo accompagnato a casa. Il taxista, ridacchiando, si offre di accompagnarmi in qualche locale della zona, dove avrei potuto “rimorchiare” e concludere in bellezza la serata. Ma la mia intenzione era veramente quella di fare due passi: non ho più l’età, né lo spirito per fare certe cose… Salgo in camera e trascorro la notte da solo.

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