Sunday, September 07, 2008

Il volo del calabrone

Il volo del calabrone

Venerdì 16/03/2007 – Pomeriggio (Sexta-feiraTarde)

Siedo su una delle poltroncine di fronte alle porte d’imbarco. Mi sento come in una camera di decompressione che funziona alla rovescia. Lentamente il sottile veleno della civiltà, il tossico dei rapporti formali e paritetici, si riappropria della mia mente; torna a minare il mio spirito la perniciosa democrazia dei sentimenti. Attorno a me ci sono alcuni turisti, prevalentemente italiani. L’aura di cordialità e allegria cui mi ero abituato a Salvador, sta svanendo. Ripiombo gradualmente nel rituale distacco degli estranei, anche se della stessa nazionalità.
Al momento dell’apertura dei cancelli arrivano diverse persone, probabilmente locali, che si fermano al primo scalo. Queste hanno la precedenza. Quando anche noi italiani stiamo per avviarci verso il tunnel che porta direttamente sull’aereo, noto a poca distanza da me una bella ragazza sola, sui 25 anni, bionda, snella, lo sguardo un po’ smarrito, incolonnata con il gruppo che prosegue per Malpensa. Entro nell’aereo. Le hostess ci invitano a prendere posto nei sedili che troviamo liberi, poiché quelli che ci hanno assegnato al check-in sono formalizzati solo nella tratta intercontinentale, da Maceio a Milano. Mi siedo dove ci sono due poltrone vuote con la remota speranza che la ragazza bionda venga ad occupare il posto al mio fianco. Purtroppo lei prosegue, sistemandosi alcune file più indietro.
Partenza. Il primo ed unico scalo è dopo 45’ di volo. Quando il grosso dei passeggeri scende a Maceio e l’aereo raccoglie altri turisti italiani che fanno ritorno in patria, le assistenti di volo ricordano ai passeggeri di sistemarsi esattamente nel posto indicato dal documento di viaggio. Cerco il 37 A e, sorpresa, è proprio quello accanto alla deliziosa creatura bionda salita a Salvador!
Sta leggendo un libro. Con finta noncuranza mi dedico alla sistemazione del mio bagaglio a mano, un piccolo trolley e uno zaino. Nello stipetto sopra i nostri sedili la mia vicina ha già sistemato una valigetta nera e un sacchetto da cui spunta la carta a vivaci colori di una confezione regalo. Le chiedo, in italiano, se posso spostare i suoi bagagli per sistemarvi anche i miei. Senza parlare, mi fa cenno di passarle le sue cose per metterle sotto il sedile.
– Non c’è bisogno – le dico – li sposto solamente, così ci sta tutto –
Annuisce timidamente con gli occhi, in silenzio. Mi viene il dubbio che non parli la mia lingua.
– Sei italiana? –.
– No, sono brasiliana –.
In effetti la sua carnagione, impercettibilmente colorata e lo sguardo dolce e mansueto, mi confermano che non ha le caratteristiche di una ragazza nostrana, distinta quasi sempre da un atteggiamento di forzata spavalderia e scarsa disponibilità – per usare un eufemismo – soprattutto quando è carina.
Finalmente sono a contatto di gomito con una giovane e bella sudamericana, proprio ora che sto per lasciare il Brasile. Cerco di attaccare discorso:
– Sei di Salvador? –
– Si –
– Capisci l’italiano? –
– Poco, poco –
– È tuo figlio? – chiedo riferendomi alla foto-cartolina dove è raffigurato un bimbo piccolo e che lei utilizza come segnalibro.
– Si –, mi risponde con un dolce sorriso di mamma che le illumina il viso per un attimo.
Sono privo di argomenti, o meglio, potrei benissimo forzarla ad una conversazione facendole domande sul bambino, ma non voglio “abusare” della sua privacy. Se avesse avuto qualche interesse per me o per distrarsi durante il viaggio, si sarebbe lasciata andare a qualche domanda nel nostro precedente scambio di battute. Invece…
L’aereo si è quasi riempito. Vedendo salire molti miei connazionali con la pelle arrossata o abbronzata, faccio un ultimo tentativo per proseguire il dialogo:
– C’è molto turismo a Maceio. Non pensavo che avesse tanto richiamo –
Lei gentilmente risponde con il minimo di parole o con monosillabi: sorride, ma non dà corda. Mi impongo il silenzio per studiare la situazione e per non molestare la giovane con la mia insistenza.
Le hostess passano per distribuire le bevande e la “cena”. Da bravo cavaliere, trovandomi nel sedile di lato alla corsia, passo alla mia vicina il vassoio destinato a me. Le assistenti di volo ci scambiano per una coppia…magari fosse così!
Continua a leggere. Sono le 18:00 ora locale quando partiamo da Maceio. Ben presto si fa buio. Chiedo se le dà disturbo la luce che vorrei accendere sopra la mia poltrona. Con un garbato sorriso mi fa cenno di no. Proseguo la scrittura del mio diario, con la segreta speranza di destare qualche interesse in quell’anima sensibile – assorta lettrice di libri e forse non indifferente ai maturi intellettuali – come già era successo con Bete. Però, la situazione non si sblocca. Continuiamo nelle reciproche attività: lei legge e io scrivo; sembriamo la classica coppia delle barzellette sui carabinieri.

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